STORIA
IL FORNO E... IL PANE
In campo declive, esposto
all'arte del sole sovrano
e provvido, si fanno compagnia
milioni di spighe mature.
Stretti steli, forti di vicinanza,
custodiscono pane in nidi d'oro.
Fermi, reclinano e resistono al vento.
Attenti, al culmine della vita,
a consegnarsi in pienezza
alla frantumazione necessaria.
Quanta fierezza nella distesa
calma del giorno che va a finire.
Quanti altri giorni hanno concorso
a legare insieme un tappeto
tanto ricco di luce
e promesse.
(Ida Albianti)
Pane, profumo dell'infanzia
Lo porto a casa ogni giorno, fresco, soffice, guadagnato con pazienza, infilato in una busta secondo l'uso di un tempo frettoloso.
Ma se dico "buono come il pane", stima che poche persone riescono invero a meritarsi, penso al pane che mia madre ha fatto per molti anni. Quelle mani laboriose creavano pagnottelle paffute, ogni volta diverse e nuove; nell'attesa che lievitasse, la giovane donna accendeva la legna già pronta nel forno, altra ne portava fino a quando, per un arcano noto a lei sola, si potevano disporre le "micche" sotto la volta incandescente; il forno veniva chiuso con solerzia e la destra di mia madre mai dimenticava di tracciare nell'aria un segno di croce: era la sua benedizione.
Dopo un'ora uscivano, uno dopo l'altro, tanti pani caldi, dorati, dal profumo soave, venivano disposti amorevolmente in un cesta di vimini, coperti, quasi protetti, da una bianca tovaglia.Per qualche giorno la famiglia aveva il pane, come dire l'essenziale ... e si era convinti d'avere tutto.
Quando a tavola tagliavamo il pane, la micca al petto e il coltello in aria, alla maniera contadina, in quella fragranza riconoscevo il sapore della terra che mio padre aveva arato e seminato, sentivo l'odore dell'aia ove si trebbiava il frumento secco già raccolto in covoni e quello del mulino dove si macinava ad acqua.
Il pane era la storia di fatiche familiari e lo vedevo un grande dono di Dio.
(Ida Albianti)
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