I mulattieri - Gravago

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STORIA
IL LAVORO NEI BOSCHI:
IL MULATTIERE E IL BOSCAIOLO



Cerchiamo di conoscere
il mestiere del
mulattiere,
attraverso un filmato
ripreso da Beppe Conti
(immagini di Vilma Romitelli)
e due testi
(Da TOSI B., IL MULATTIERE, MARCONI, GE-2014)

FILMATO
I mulattieri di Chiaserna  (I Romani)

immigrati negli anni ’50 del XX secolo
nell’Appennino bardigiano e bercetese.
by Vilma Romitelli

Due testi
(una poesia e un racconto)
di Valentina Selene Medici

MULATTIERI
Ero bimba ancora allora
e con mia madre s’andava a piedi
dalla Carpana alla Brugnola
a visitare zii e l’anziana nonna.
Lungo il percorso, assente la fatica,
che la gioia del camminare la sopiva,
s’incontravano mulattieri
che a passo lento
percorrevano con i muli
sentieri già battuti.
Avevano occhi buoni,
ma in me grande il timore
per i pesi grevi legati sopra il basto.
Si fermava il mulattiere a rassicurarmi,
annuivo io, ma poca la convinzione.
Si fermava il mulattiere
a scambiare parole,
mentre scendevano i muli
verso il piano,
guidati dal loro innato navigatore.
Troppi anni sono passati,
ma vivo in me
è ancora il ricordo
di quegli occhi buoni.


 

IL MULATTIERE POETA
S'inoltra la mulattiera nel folto del bosco. A tratti è facile il cammino, ripido poi a rendere pesante il respiro. Orfana ora di'impronte di zoccoli di animali, che il mulattiere, con pazienza, guidava, anche se ormai la strada per loro era conosciuta. Zitti, zitti però, ora, vi prego. Non vi sembra di risentire un "Ooooo, Va laaaaa." Che qui dove un pietrone funge da sedile, l'eco ripeteva. Uno ne ho conosciuto, vecchio ormai. Parco di parole, ma che sovente in rima amava parlare e che di giorni solitari ne aveva vissuti. A volte oltre quel "va laaa", una bestemmia gli sfuggiva ma, subito, perdono alla Madonna chiedeva.
"Perdonami, non lo faccio per cattiveria, ma il viaggio deve finire prima che arrivi il buio. Avranno tempo dopo i muli per mangiare, che anche per me dovrò cucinare". Nel piccolo zaino militare portava un pane, del formaggio e, ogni tanto, qualche fetta di salame, che mangiava mentre adeguava il passo a quello cadenzato dei suoi animali. L’acqua no, quella non la portava, che il percorso di fontanelle ne offriva. Viveva solo in una casa modesta, che alla domenica cercava di pulire. I panni li lavava con moderazione perché tanto gli abitanti del bosco, non facevano obiezioni.. Una moglie non l’aveva mai avuta, però si diceva, un grande amore sì, in gioventù. ma lei non lo aveva voluto perché era solo un mulattiere. Così ancora una volta si era sentito solo. Trovatello, da una povera famiglia dal brefotrofio era stato tolto per la ricompensa che il governo dava. Il patrigno presto la vita aveva lasciato e quella, che lui chiamava mamma, e che bene gli aveva voluto, si era spenta di miseria, quando lui appena tredici anni contava.
Un mulo gli era rimasto e in fretta aveva cominciato a percorrere quella mulattiera. Nel bosco, un cane abbandonato aveva incontrato. Due trovatelli possono volersi bene e farsi compagnia, aveva pensato e a casa lo aveva portato. Gli era amico fedele e giornaliero in tutti i suoi percorsi, fino a quando l’età li aveva indotti a riposare. Del vino non era grande amante, ma, quando all’osteria qualcuno un bicchiere gli offriva, allora sì, cominciava a raccontare. Parlava in rima, anche se, non lo definivano un poeta. Narrava della guerra. Di quando, di nascosto, portava cibo ai partigiani. Di un giorno, che i tedeschi con il mitra, avevano sventagliato dentro il canalone, per fortuna, le foglie erano talmente tante, che non vi erano stati feriti e lui, dopo che il nemico si era allontanato, era andato nella notte a fare il segnale del pericolo cessato. Diceva di cittadini, venuti a cercare funghi e delle vite salvate, facendo buttare quelli velenosi. Di giovani chini a raccogliere castagne, di quelli che, da un cespuglio nascosti, si fermavano a rubare un bacio. Anche lui di castagne riempiva lo zaino e arrostite, ai bambini offriva. A seconda delle stagioni, invece portava fragole o more a una vicina, che gli anni ormai più non contava e in cambio aveva qualche fetta di crostata. Una storia non la raccontava, ma tanto anche altra gente la sapeva. Di una vedova, che ogni giorno in umili lavori s’arrabattava, per tirare su tre figli. A volte dalla catasta del padrone di mezzo monte, qualche pezzo di legna prendeva. Lui in fondo la perdonava e sperava che anche il buon Dio lo facesse. Si diceva che avesse soldi, perché ben poco spendeva, ma nessuno sapeva dove li metteva, Ogni tanto però prendeva la corriera e in città se ne andava. A fare che? Nessuno lo sapeva e c’era anche chi con un sorriso malignava. Un giorno le finestre e la porta erano rimaste chiuse e la gente si era preoccupata. Avevano chiamato il prete e i carabinieri e loro, entrati in casa, sul suo letto l’avevano rinvenuto. Il cane insieme a lui, gli occhi aveva chiuso, che vecchio ormai solo non voleva restare. Sul comodino una medicina, presa troppo tardi e nel cassetto una busta, aperta dal maresciallo.  Poche righe scritte con mano incerta “ i miei soldi sono nella Banca… la cifra è di… milioni”. A sentire la cifra, erano trasaliti, ma il testamento ancora continuava: “I soldi dovranno servire per gli studi dei bambini ospiti nell’orfanotrofio perché abbiano un’istruzione che permetta una vita decorosa”.
Mi alzo dal pietrone, che funge da sedile. Qui nella curva dove l’eco risponde.
Porto le mani a megafono, vicino alla bocca e un "Ooooo Va laaaaa" lanco nell’aria. Pochi secondi e un "Oooo Va laaa" mi ritorna. Sembra gioioso e io mi chiedo se è soltanto l’eco o è il mulattiere poeta, che dai facili sentieri del paradiso mi risponde. Ma, ascoltate: non è un lontano abbaiare di cane che si sente?




Cosa fa e come vive
un boscaiolo in Val Noveglia nel terzo millennio?




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