Ricostruzione storica - Gravago

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STORIA
LA STORIA DI GRAVAGO

Ricostruzione storica di
Silvia Bisi

Tre "luoghi storici"...



Monastero


Le prime attestazioni  del monastero benedettino di fondazione regia di Gravago risalgono all’anno 744, nel diploma del re longobardo Ildeprando  che concede al  vescovo di Piacenza  il controllo del monastero1 . Questo documento è il primo di una serie di privilegi di carattere economico che i sovrani longobardi  e successivamente quelli carolingi accordano alla chiesa di Piacenza in seguito alla loro conversione, avvenuta nel corso del VII secolo2. Rimane ignota la data di fondazione di questo monastero regio . Verosimilmente il monastero di San Michele, insieme ad altri monasteri della chiesa piacentina come San Salvatore in val  Tolla e San Fiorenzo di Fiorenzuola era sorto lungo importanti direttrici di traffico, punti focali della dominazione longobarda, nei pressi di assi transappenninici che collegavano Nord e Centro Sud Italia; nel caso di Gravago la rete viaria attraverso il passo del Santa Donna, metteva in comunicazione la Valtaro e la Valceno, risaliva attraverso il Bratello, arrivava a Pontremoli , Luni e  all’Italia centrale3, oppure da Gravago verso Tosca scendeva a Varsi e da lì raggiungeva la  pianura.  In un privilegio successivo, dell’anno 820, l’imperatore Ludovico il Pio riconferma  il controllo del monastero di Gravago al vescovo e alla chiesa di Piacenza4; il  monastero di Gravago nel periodo antecedente, infatti,  risultava essersi sottratto all’obbedienza dell’autorità vescovile piacentina ai tempi del vescovo Giuliano (780-89) e solo con il suo successore Podone, (809-839) il monastero ritornò sotto il controllo dell’episcopato piacentino5.  Le fonti disponibili non permettono di sapere quale fosse il numero dei monaci che abitavano presso il monastero o se lo stesso fosse un ospizio retto da un monaco con chiesa rurale annessa6. Non è possibile ricostruire la proprietà fondiaria del monastero, per mancanza di documentazione, ma sicuramente Gravago assunse un importanza economica rilevante: è nota l’esistenza di una cella monastica (..de cella monasteri Gravaco..)  di proprietà del monastero in un documento dell’anno 841; si tratta di una permuta di terre, rogata a Carpaneto  (…in curte Carpeneto...) tra il vescovo di Piacenza Seufredo  e Arnone, di nazionalità franca. Le terre sono situate in “Bertolasco” e in “Costa”7. Arnone, da parte del monastero di Gravago (…ad ispius Monasteri Gravaco…) permuta delle terre con il vescovo di Piacenza Seufredo, per conto della chiesa cattedrale piacentina. Si tratta di terreni arativi e vigne, una di queste vigne è situata presso una cella del monastero di Gravago (…prope cella ipsius monasterii…). Giacomo Coperchini localizza la cella del monastero di Gravago nella parte collinare della Val Chiavenna, tra Vigolo Marchese e Rustigazzo di Lugagnano, sulla sinistra del torrente Chiavenna di fronte a Vigostano, in località Batelaccio (Bertolasco) ove esisteva una chiesa di San Giorgio, dipendente dalla pieve di Castell’Arquato8. Le cause che hanno portato alla decadenza del monastero sono ignote, probabilmente dovute al mutare delle condizioni socio economiche. Sono stati condotti scavi archeologici nella chiesa di monastero nel 2014 i cui risultati non sono ancora stati pubblicati. Il monastero di Gravago è documentato inoltre nelle Rationes Decimarum piacentine e bobbiensi9: gli elenchi delle decime che venivano riscosse dagli enti ecclesiastici, sia nel secondo estimo del XIII secolo, proveniente dall’archivio capitolare di Fiorenzuola d’Arda indicato come monasterium Gravagi, sia nell’estimo del 1352, estimo proveniente dall’Archivio capitolare della cattedrale di Piacenza  indicato come monasterium de gravago.   Altre informazioni sul monastero provengono da Giovanni Pongini nella sua Storia di Bardi e della Valceno e sono relative agli atti notarili di Guglielmo Ferrari: nell’anno 1329  tale prete Cristoforo è contemporaneamente rettore della Chiesa di Canal di Vona e procuratore del monastero di Gravago10 , nello stesso atto il prete Giovanni di Ena rettore e ministro del monastero di Gravago, affitta beni del monastero ad un certo Gioanni di Noelia11. Del monastero oggi rimane solo il toponimo, la chiesa attuale è dedicata a San Michele arcangelo, edificata alla metà del 1600 e successivamente ampliata nei primi decenni del 1700.  Gli studiosi  datano la facciata alla metà del 1700 e la associano alle stesse maestranze della chiesa di San Giovanni Battista a Bardi 12. Nella facciata sono collocate cinque statue con in alto al centro il titolare San Michele Arcangelo e ai lati i quattro evangelisti13. Il campanile in pietra risale sempre alla metà del ‘700, mentre la cuspide è datata 1870. L’interno è a navata unica con 8 cappelle, 6 in stucco rococò attribuite al Boschetti datate dal 1760 fino a oltre la metà degli anni ’70 del settecento. Il gruppo di statue lignee presenti, alcune restaurate nell’ottocento sono: Maria Maddalena, San Rocco, l’Addolorata e San Michele, databili alla prima metà del 1700, S. Antonio abate e Santa Caterina d’Alessandria alla fine del 1600. Si segnalano inoltre,  l’Immacolata e angeli del 1866, statuaria faentina in cartapesta attribuite ai Graziani14 .  Purtroppo dal 2012 la chiesa ha subito lesioni e la parte  portante  dell’abside si presenta puntellata. Ancora nel 2012, in occasione di lavori di consolidamento della Chiesa con opere di drenaggio e posa di condotte fognarie, sono stati eseguiti sondaggi preventivi  che hanno confermato la presenza di muri di fondazione in pietra e frammenti laterizi di epoca romana, nonché frammenti di laterizi di epoca altomedievale di cui uno con decorazione ad intreccio confrontabili, in val Ceno, con quelli della Chiesa di San Filastrio di Tosca;  questi rinvenimenti che non interessano l’area specifica dei lavori, ma il terrazzo pianeggiante sovrastante, hanno portato ad ipotizzare la presenza del monastero nel pianoro superiore dove ancora oggi permangono gli edifici15.


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1 P. M. Campi, Dell’Historia ecclesiastica di Piacenza, vol. I, anno 744, n.1, p.453.
2 G. Musina, Le campagne di Piacenza tra VII e IX secolo: insediamenti e comunità, dottorato di ricerca in Storia medievale (Università di Bologna), relatore Prof.ssa Paola Galetti. Anno 2012 , p.39.
3 M. Fallini, - M. Calidoni, - C. Rapetti, L. Ughetti, Terra di pievi. Storia, arte e spiritualità nelle pievi del territorio di Parma del XIII secolo, Parma 2006, p. 160.
4 P. M. Campi, Dell’Historia ecclesiastica di Piacenza, vol. I, anno 744, n.1,pp.455-456.
5 G. Bertuzzi, L’antico monastero di San Michele Arcangelo nella Pieve di Gravago, in  Per il convegno Angeli a Gravago 4-5-6 giugno 1943, Parma 1943, p. 19.
6 D. Schiavetta, Storia di un Paese. Monastero di Gravago, in L’Araldo della Madonna di san Marco, LXXVII, N.2 – Febbraio 2003 , p.25.
7 P. Galetti, Le carte private della cattedrale di Piacenza, I (784-848), trascrizione di Paola Galetti, con uno studio sulla lingua e le formule di Giulia Petracco Sicardi, Parma , 1978, pp.85-88.
8 G. Coperchini,  Toponimi altomedievali della Val d’arda, in Quaderni della valtolla, Vernasca-Piacenza 2002, pp. 22-25.
9 E. Nasalli Rocca- A.Mercati – P- Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Aemilia, Città del Vaticano, 1933, pp. 399-401.
10 G. Pongini, Storia di Bardi e della Valceno, Bardi 1873, ristampa Parma 1973, p.32.
11 D. Schiavetta, Storia di un Paese. Monastero di Gravago, in L’Araldo della Madonna di san Marco, LXXVII, N.2 – Febbraio 2003 , p.26.
12 G. Cirillo- G. Godi, Guida artistica del parmense, Parma 1986, p.98.
13 D. Schiavetta, Storia di un Paese. Monastero di Gravago, in L’Araldo della Madonna di San Marco, LXXVII, N.2 – Febbraio 2003 , p.27.
14 G. Cirillo- G. Godi, Guida artistica del parmense, Parma 1986, p.98.
15 C. Anghinetti  – M. Catarsi – P. Raggio, Il Monastero di San Michele di Gravago, in  M.Catarsi  -  P. Raggio, Le alte valli di Taro e Ceno tra fede e laicità: re monaci e pellegrini, Modugno (Ba) 2017, pp.86-88.



Il Castello


Le prime attestazioni del castello di Gravago, oggi scomparso, risalgono al 1253. Si tratta di un giuramento di fedeltà da parte di Lanfranco e Gardio Isembardi di Agolasio  a Guglielmo Ianucino e  Alberico Landi per il feudo ricevuto dai capitanei di Magnano16. Così come il monastero, il castello è  situato in un punto strategico per il passaggio interregionale tra la pianura padana e la Toscana  ma sorge in un  luogo impervio e quindi difficilmente espugnabile. Le vicende del castello di Gravago sono legate alla figura di Ubertino Landi, che possedeva o poteva contare dell’appoggio di una serie  di fortilizi in val Ceno entro i quali poteva agevolmente muoversi, se si fosse trovato in difficoltà come la caminata di Campello, documentata nel 1251 in un fitto perpetuo stilato “..in caminata Guillelmi Veronensis de Campello..17.  Questa casa forte ora scomparsa, sorgeva sul luogo della chiesa attuale. Anche la rocca di Tosca (scomparsa), punto di appoggio di Ubertino Landi, è documentata all’anno 1206, anno in cui il castello venne assediato dalle milizie piacentine18.  Nel 1269 Ubertino Landi, durante l’assedio di Bardi da parte delle milizie milanesi, piacentine e parmigiane  si rifugiò nel castello di Gravago e li riuscì a resistere all’attacco di un esercito formato almeno da 2000-2500 armati.  L’anno successivo il Comune di Piacenza entrò in possesso per alcuni mesi  del castello di Gravago, e posto in cambio della liberazione di Alberto e Alberico Landi , ma con l’aiuto dei Lusardi Ubertino rioccupò presto il castello19. Questi, già abbandonato, passò nel 1687 alla famiglia Platoni di Borgotaro e nel 1798 divenne proprietà della camera ducale di Parma. Oggi del castello rimane visibile parte delle mura del mastio semi diroccate20, doveva essere però una costruzione  più ampia. La misurazione fatta da don Luigi Squeri  nel 1943, dall’esterno delle mura era di 13.5X10.20 metri.  Da segnalare anche la così detta “battagliola”, oggi scomparsa e ricoperta di vegetazione, a nord del castello, a circa cento metri,  Si trattava di punto di avvistamento ed  era collegata al castello attraverso un muro di cinta. Nel 1927 era ancora visibile il muro, la torre  era già considerata all’epoca come informe  e diroccata.  Un'altra casa forte, detta Caminata è situata in località Brè, purtroppo in parte diroccata (il versante ad est è meglio conservato), è documentata in un atto di Giovanni de Rallio datato 7 settembre 1253. Si tratta di un fitto perpetuo di terre presso la chiesa di Tosca. L’atto si chiude: “Actum in Castro Caminata dominii domini Ubertino de andito”. Questa casa forte è considerata la vera e propria abitazione/castello di Ubertino Landi quando si trovava a Gravago, più comoda rispetto al fortilizio vero e proprio che probabilmente veniva utilizzato da Ubertino  Landi in condizioni di pericolo21


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16 R. Vignodelli Rubrichi, Archivio Doria Landi Panphili. Fondo Landi. Regesti delle pergamene dall’865 al 1625,Parma 1984 anno 1253, n°476, p-120.
17 R. Vignodelli Rubrichi, Archivio Doria Landi Panphili. Fondo Landi. Regesti delle pergamene dall’865 al 1625,Parma 1984 anno 1253, n°476, p-114.
18 G. Capacchi,  I castelli della montagna parmigiana, Parma 1976, p.150.
19 G. Capacchi,  I castelli della montagna parmigiana, Parma 1976, pp. 132-134.
20 Si vedano le foto pubblicate da Davide Galli in www.trekking.davidegalli.it Dalla Pieve al castello di Gravago.
21 G. Micheli, Il castello di Gravago, in Per il convegno angeli a Gravago, Parma 1943, pp. 21-22.



Pieve

La pieve di Gravago viene documentata per la prima volta all’anno 1254. Si tratta di un fitto perpetuo in cui è presente come teste Gerardo “..Achipresbiter...plebis Gravaghi”22.  Nell’ altomedioevo il nome pieve, dal latino plebs, popolo, indicava  sia il distretto territoriale  su cui era stanziata la comunità dei fedeli, sia la chiesa che aveva diritto di battesimo e sepoltura. Da ogni pieve dipendevano delle chiese minori , o tituli minores  dette anche chiese non battesimali, l’insieme di queste chiese minori, con a capo la pieve era detto piviere23. Le pievi o ecclesiae maiores erano rette da un arciprete che aveva autorità sulle chiese dipendenti, al vertice vi era l’autorità vescovile24. Nelle chiese minori era assicurata l’officiatura della messa e la predicazione ma durante le festività religiose più importanti la popolazione doveva recarsi alla pieve, solo questa infatti era dotata , in origine , del fonte battesimale, del cimitero e dei diritti di decima25. La pieve di Gravago è documentata nelle Rationes Decimarum piacentine e bobbiensi,  nei due estimi del XIII secolo, dell’archivio capitolare di Fiorenzuola d’Arda indicata come plebs Gravagi, sia nell’estimo del 1352, dell’Archivio capitolare della cattedrale di Piacenza  indicata come Plebes de Gravago26. Alessandro Wolf, americano di origine tedesca, ha tentato di ricostruire le circoscrizioni storiche pievane utilizzando rogiti trecenteschi e in assenza di documentazione, le più recenti visite pastorali del XVI e XVII secolo, il suo lavoro è stato edito postumo nel 1930 da Emilio Nasalli Rocca27.  Secondo questi studi le chiese minori dipendenti dalla pieve dedicata ai santi Vito, Modesto e Crescenzia erano quattro: Campello, Pietrarada, Stradella e la chiesa scomparsa di Tolarolo28, si trattava dunque di una pieve di modesta estensione se paragonata ad altre in Val Ceno come la pieve di  San Pietro di Varsi con 13 chiese minori dipendenti o  la pieve di S. Antonino di Bedonia con 17 chiese dipendenti29. Nell’Italia settentrionale già a partire del XII secolo il sistema plebanale iniziò a sfaldarsi e le chiese minori cominciarono ad acquisire diritti un tempo riservati solo alla pieve, come il diritto di sepoltura e nel secolo successivo, queste chiese non battesimali ebbero riconosciuto anche il diritto di impartire il battesimo, fermo restando però l’obbligo del pagamento della decima alla chiesa matrice. Alle pievi rimasero riconoscimenti di tipo formale come le rogazioni, processioni che partivano dalla pieve e visitavano le chiese del territorio30. Nel territorio della pieve di Gravago questo fenomeno avvenne più tardi ma è comunque documentato nella chiesa di Stradella all’anno 1523, prima dell’inizio dei lavori del Concilio di Trento: il cardinale Lorenzo (titolo SS. Quattro Coronati) su richiesta di Marcantonio Landi, concede che la chiesa di San Girolamo detta l’oratorio, posta tra Stradella e la Villa, abbia il privilegio del fonte battesimale e della tumulazione dei defunti31.   Nel XVI secolo in seguito al Concilio di Trento (1545-1563) la figura dell’arciprete venne sostituita da quella del vicario foraneo, Il Concilio di Trento stabilì la tenuta dei registri parrocchiali ad opera dei parroci, nei quali venivano annotati i battesimi, i matrimoni e le sepolture. La chiesa di Pieve di Gravago  nel 1589  faceva parte del vicariato di Varsi, passò nel 1623 a quello di Vianino, infine nel 1879 venne inclusa nel vicariato di Bardi32dove tutt’ora si trova. La chiesa attuale,  venne costruita tra il 1860 e il 1863, il campanile in pietrame a vista è datato 1878, la parte superiore della facciata richiama la chiesa di San Michele di Monastero. L’interno, a navata unica con sei cappelle, è stato restaurato nel ‘900. Da segnalare l’altare maggiore in marmo datato 1656, proveniente dalla Collegiata di Sant’Andrea a Carrara; l’acquasantiera del 1688 di impronta carrarese e la tela raffigurante i santi Vito Modesto e Crescenzia del pittore  piacentino Francesco Ghittoni, datata 188933.


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22 G. Micheli, Il castello di Gravago, in “Quaderni della Giovane Montagna”, 112 , Parma 1943, p.26.
23 A. Barbero- C- Frugoni, Dizionario del medioevo, Bari 1994, pp.194-195.
24 C. Violante, Le strutture organizzative della cura d’anime nelle campagne dell’Italia centro-settentrionale (secoli V-X), in Cristianizzazione e organizzazione ecclesiastica nelle campagne nell’Alto Medioevo: espansione e resistenze, II, Settimane di studio del centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, XXVIII, (10-16 aprile 1980), Spoleto 1982, pp.1065-1066.
25 G. Forchielli, La pieve rurale. Ricerche sulla storia della costituzione della chiesa in Italia e particolarmente nel veronese, in Scritti di storia del Diritto ecclesiastico. La pieve rurale e la storia della costituzione della chiesa nell’Italia centro-settentrionale, Roma 1931, ristampa anastatica Bologna 1991, pp.111-113.
26 E. Nasalli Rocca- A.Mercati – P- Sella, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Aemilia, Città del Vaticano, 1933, pp. 399-401.
27 E. Nasalli Rocca, Le giurisdizioni territoriali delle pievi piacentine secondo gli studi di A. Wolf, in “Archivio Storico per le Province Parmensi”, 30 (1930), p.117
28 Per la localizzazione di Tolarolo si veda P. Bonacini, Varsi e i territori dell’Emilia occidentale in età longobarda, in A. Ghiretti  –  P.Tanzi P., Varsi dalla Preistoria all’Età Moderna, Parma 2013, p.141.
29 S. Bisi, Pievi di Valtaro e Valceno. Organizzazione territoriale ecclesiastica nel Medioevo, Bardi 2007, p.64, pp.160-161.
30 G. Andenna, L’organizzazione territoriale delle chiese rurali dell’Italia settentrionale del tardo antico all’età comunale, in Un’area di strada: l’Emilia occidentale nel Medioevo. Ricerche storiche e riflessioni metodologiche, a cura di Roberto Greci. Atti dei Convegni di Parma e Castell’Arquato, Bologna 2000, pp. 190-191.
31 R. Vignodelli Rubrichi, Archivio Doria Landi Panphili. Fondo Landi. Regesti delle pergamene dall’865 al 1625,Parma 1984   anno 1523, n°3100, p.785.
32 D. Schiavetta, Storia di un Paese. Pieve di Gravago, in L’Araldo della Madonna di san Marco, LXXVII, N.3 – Marzo 2003 , pp.27-28.
33 G. Cirillo- G. Godi, Guida artistica del parmense, Parma 1986, p.98.

BIBLIOGRAFIA

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Vignodelli Rubrichi R., Archivio Doria Landi Panphili. Fondo Landi. Regesti delle pergamene dall’865 al 1625, Parma 1984.

del testo
di Silvia Bisi
e
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