Correva l'anno... - Gravago

Vai ai contenuti
STORIA
CORREVA L'ANNO...

Il passato lontano e... recente
della Terra dei Landi
sulla GAZZETTA DI PARMA


Curiosando nella nostra storia



1943:
2016:
1927:


1933:
      



....





Cominciamo con un "ricordo"
risalente a quasi 80 ani fa

Anno 1943
Convegno "Angeli" a Gravago di Bardi

L'articolo, segnalatoci da Beppe Conti,
che l'ha ripreso su VALCENOSTORIA,
si conclude con questa frase;
"Gravago ha vissuto la sua grande giornata
di fede e di amore, avvenimeno grandioso e indimenticabile!".




13 giugno 1943


Notizie storiche  su Gravago
nelle pagine
e





Facciamo un salto in avanti
di quasi  70 anni...

Anno 2016
Viaggio fra i borghi abbandonati
della montagna parmense

Un articolo, a firma di  Monica Rossi,
descrive la "solitudine"
di Gravago e della Val Noveglia



16 agosto 2016

In una quiete pressoché assoluta, fra silenzi spessi come di gesso, sopravvivono i «sassi» degli antichi borghi, dove al richiamo delle poiane e ai fruscii delle lucertole fa eco il sibilo del vento che, senza chiedere permesso, si fa strada fra le crepe e, altrettanto incontrastato, guadagna l’uscita insinuandosi fra assi e travi «conficcati» nel cielo.
Qui si è fermato tutto e tutto è immobile da decenni: i lastricati dei viottoli sono in rovina, secche sono le fontane che portavano l’acqua, muti i cortili testimoni dei giochi di generazioni di bambini, fredde le stalle, vuote le cantine.
Son spariti i covoni e le balle di fieno, le damigiane e i tini, le ceste, la mobilia tutta, gli attrezzi buoni e finanche quelli rotti. Restano persiane sgangherate, portoni divelti, cardini arrugginiti. E gli sfregi dei vandali, ladri di povere cose.
L’anima della montagna tace, s’avvolge di fitti misteri e non gira anima viva. Dove siamo? Potremmo essere ovunque...
Borghi disseminati fra Valtaro e Valceno e accomunati dallo stesso destino: lentamente spopolati, poi del tutto abbandonati, con case e possedimenti mai più reclamati se non dalla natura che inesorabilmente, una stagione via l’altra, ne reclama gli spazi riconsegnandoli all’edera, ai rovi e alle malerbe infestanti, ma anche ad alberi che si fanno strada fra umili cucine sfondando antichi solai.
Eppure, un tempo questi insediamenti erano popolosi, i battesimi numerosi, le stalle erano calde, le ricorrenze onorate.
E anche se la terra dava a malapena quanto bastava per sopravvivere, era pur sempre vita.
Lasciando la Valtaro via passo Colla, oltrepassata Cereseto direzione Valceno e Val Noveglia, ci si addentra in un territorio che di borghi abbandonati ne conta tanti. E molti, a quanto si dice, si uniranno alle file dell’abbandono nonostante qualche erede coraggioso ristrutturi l’avita casa.
Il fascino misterioso dei borghi fantasma torna invece prepotente a Lavacchielli, in val Noveglia: da sempre difficilmente accessibile, in un isolamento quasi totale - per raggiungerla occorre inerpicarsi verso Gravago lungo una stretta strada di montagna a tratti sterrata e poi affrontare una buona mezz’ora di bosco a piedi - si è spopolata negli anni Cinquanta lasciando dietro di sé case costruite con pietre abilmente lavorate e interni che fanno pensare che qui non viveva solo povera gente. Se prestiamo fede a quel che resta di soffitti affrescati e intonaci con delicate decorazioni.
La val Noveglia è celebre anche per Pareto, altro borghetto abbandonato da decenni: divorato dalla vegetazione, sussurra di vite passate quando laboriosi contadini lavoravano le terre, ergevano case in pietra, attingevano l’acqua dall’antica fontana. Poco oltre Pareto resiste invece Pianelleto, sulla cima del Barigazzo, dove fino a poco tempo fa vivevano tre tenaci anziani (due donne e un uomo, Gino Baccarini, scomparso recentemente).
Poche sono le certezze sugli abitanti passati di questo borgo lontano da tutto, ma di una cosa possiamo essere tristemente certi: anche questo angolo arroccato nell’anima più nascosta dei monti emiliani, si sta avviando a divenire l’ennesimo borgo fantasma, lasciando dietro di sé libri mai scritti di vite eccezionali.
Favole improbabili e sicure fandonie avvolgono la storia di molti insediamenti svuotati, quasi giustificandone l’abbandono. Che non è mai stato repentino ma semplicemente graduale a causa dello spopolamento della montagnaIl fascino misterioso dei borghi fantasma torna invece prepotente a Lavacchielli, in val Noveglia: da sempre difficilmente accessibile, in un isolamento quasi totale - per raggiungerla occorre inerpicarsi verso Gravago lungo una stretta strada di montagna a tratti sterrata e poi affrontare una buona mezz’ora di bosco a piedi - si è spopolata negli anni Cinquanta lasciando dietro di sé case costruite con pietre abilmente lavorate e interni che fanno pensare che qui non viveva solo povera gente. Se prestiamo fede a quel che resta di soffitti affrescati e intonaci con delicate decorazioni.
La val Noveglia è celebre anche per Pareto, altro borghetto abbandonato da decenni: divorato dalla vegetazione, sussurra di vite passate quando laboriosi contadini lavoravano le terre, ergevano case in pietra, attingevano l’acqua dall’antica fontana.
Poco oltre Pareto resiste invece Pianelleto, sulla cima del Barigazzo, dove fino a poco tempo fa vivevano tre tenaci anziani (due donne e un uomo).
Poche sono le certezze sugli abitanti passati di questo borgo lontano da tutto, ma di una cosa possiamo essere tristemente certi: anche questo angolo arroccato nell’anima più nascosta dei monti emiliani, si sta avviando a divenire l’ennesimo borgo fantasma, lasciando dietro di sé libri mai scritti di vite eccezionali.



Torna ai contenuti