Luoghi della memoria - Gravago

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STORIA
LUOGHI DELLA MEMORIA


Alcune notizie sui luoghi
che hanno "segnato"
(e ancora "segnano")
la storia
della Terra dei Landi



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Segnalando tre di essi,
Monastero, Castello e Caminata,
abbiamo partecipato,
nel giugno 2020,
alla decima edizione de
organizzata dal FAI
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MONASTERO
La chiesa di S. Michele Arcangelo



Le prime attestazioni  del monastero benedettino di Gravago, di fondazione regia,  risalgono all’anno 744, nel diploma del re longobardo Ildeprando  che concede al  vescovo di Piacenza  il controllo del monastero. Questo documento è il primo di una serie di privilegi di carattere economico che i sovrani longobardi  e successivamente quelli carolingi accordano alla chiesa di Piacenza in seguito alla loro conversione, avvenuta nel corso del VII secolo. Rimane ignota la data di fondazione di questo monastero regio.
Verosimilmente il monastero di San Michele, insieme ad altri monasteri della chiesa piacentina come San Salvatore in val  Tolla e San Fiorenzo di Fiorenzuola, era sorto lungo importanti direttrici di traffico, punti focali della dominazione longobarda, nei pressi di assi transappenninici che collegavano Nord e Centro Sud Italia; nel caso di Gravago la rete viaria attraverso il passo del Santa Donna, metteva in comunicazione la Valceno e la Valtaro, risaliva attraverso il Bratello, arrivava a Pontremoli, Luni e  all’Italia centrale, oppure da Gravago verso Tosca scendeva a Varsi e da lì raggiungeva la  pianura.  In un privilegio successivo, dell’anno 820, l’imperatore Ludovico il Pio riconferma  il controllo del monastero di Gravago al vescovo e alla chiesa di Piacenza;
Le cause che hanno portato alla decadenza del monastero sono ignote, probabilmente dovute al mutare delle condizioni socio economiche. Nella carta-affresco del 1574, che si trova nel monastero benedettino di San Giovanni a Parma, mentre non è indicato Bardi, figura il nome di Gravago, a ricordare l’importanza del suo antico monastero, di cui oggi rimane solo il toponimo.
La grande chiesa attuale fu edificata verso la metà del 1600, poi raddoppiata a partire dal 1718 ad opera delle stesse maestranze che edificarono la chiesa di S. Giovanni in Bardi. Il monumentale campanile, costruito in pietra locale a vista fino alla cella campanaria e poi intonacato, fu ultimato nel 1870.
Attualmente sono in corso  alcuni progetti di consolidamento della chiesa, che, dal 2012 al 2014, era stata anche chiusa al pubblico.
Tra gli utimi interessanti studi sul Monastero, citiamo "Il Monastero di San Michele di Gravago" in "Le alte valli di Taro e Ceno tra fede e laicità: re, monaci e pellegrini", a cura di Manuela Catarsi e Patrizia Raggio, Ante Quem S.r.l., 2017  (pp.85.88).

Monastero di Gravago è tutt'oggi luogo di passaggio (e ritrovo) sulla Via degli Abati.
Come nel Medioevo, è possibile l’incontro di viandanti senza fretta, capaci di apprezzare la rassicurante apertura paesaggistica della Val Noveglia, gustare il pane o "la torta del pellegrino" e concedersi quiete e silenzio, prima di rimettere in moto  piedi e pensieri. Spesso si tratta di escursioni ("cammino") organizzate da Davide Galli (Guida Ambientale Escursionistica, Presidente dell'AIGAE, trasferitosi, da qualche anno, da Piacenza a Noveglia) oppure dall'Associazione "Via degli Abati" (presieduta da Luciano Allegri). Si legge nell'home dei sito web dell'Associazione: "Ci occupiamo dell’itinerario, che va da Bobbio a Pontremoli, ormai da qualche anno, anche se ormai i pellegrini e camminatori tendono a percorrere anche il tratto da Pavia a Bobbio. La Via degli Abati attraversa parte del territorio provinciale di Pavia e l'Appennino Tosco-Emiliano nelle province di Piacenza, Parma, Massa Carrara, attraversando i Comuni di Pavia, Broni, Castana, Canevino, Pometo, Caminata, Romagnese, Bobbio, Coli, Farini, Bardi, Borgotaro,Pontremoli. Il tracciato lungo circa 190 km., molto più impegnativo della più nota Via Francigena, si snoda per sentieri, mulattiere, carrarecce attraversando valli e crinali per un dislivello complessivo di oltre 6000 metri".
Per molti dei pellegrini Monastero è sosta di riposo e preghiera: il luogo ne è chiaro invito. Si dissetano alla generosa fonte, bussano alla canonica per un dialogo col parroco, per una visita attenta alla chiesa di San Michele; dal sagrato il loro sguardo mira alla chiesa di Pieve, successiva tappa prima di Osacca e del passo che immetterà nella valle del Taro.
Cammino di oggi sull’esempio di quanto avveniva abitualmente già in età longobarda, quando erano numerosi i pellegrini che dall’Italia settentrionale (molti provenienti dall’Inghilterra o dalla Francia) tendevano a Roma affrontando distanza e  tempo, passo dopo passo,  come si fa con la vita, mossi dalla fede e dalla capacità d'affidarsi ad una meta.
Questo perché Monastero di Gravago, in età longobarda, poi carolingia e bassomedioevale, aveva assunto importanza sia per le sue origini benedettine-cassinesi sia per i ricorrenti contatti col monastero di San Salvatore di Tolla (Sperongia) e di San Colombano di Bobbio, anche con  l’abbazia benedettina di Nonantola che godeva beni di donazione in Bardi (Odolo).
La dedicazione della sua chiesa a San Michele, l'Arcangelo, guerriero molto onorato dal cristianesimo longobardo e particolarmente venerato a Pavia, ove fu innalzata la splendida Basilica, fa pensare -con G. Magistretti- che esistesse una "via michaelica"  intenta a collegare, su percorso reale o ideale, San Michele del Gargano e M. Saint Michel in Bretagna, con tappe intermedie. Il culto era giunto dall'Oriente, nel V secolo, a San Michele sulla costa della Normandia, dov’è il monte conteso fra terra e mare, con tappe intermedie di invocazione in tutte le frequenti chiese che vantano la protezione del Santo, il cui nome già apre alla fiducia.
I pellegrini che consapevolmente giungono oggi a Monastero vogliono ricalcare, rinvenendo possibili tracce dall’antico selciato, la via dei Monasteri. Questa, in età longobarda -come confermano testi e carte di viabilità altomedioevale- costituiva un percorso appenninico alternativo a quello francigeno di Monte Bardone, quando il Passo era dominato e controllato dai Bizantini (fino all’VIII secolo).
re, monaci e pellegrini"
(Ante Quem, 2017)
a cura di M. Catarsi e P. Raggio
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(da scaricare)
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a cura dello storico Sandro Santini,
in un video
pubblicato da Valcenoweb
su YouTube

FILMATO
a cura di


dal minuto 48.30:
la Chiesa e i luoghi di Gravago
sulla Via degli Abati




PIEVE
La chiesa di S. Vito, Modesto e Crescenzia



La Pieve e Monastero di Gravago costituiscono due notevoli insediamenti della Val Noveglia, una vallata in cui si intersecavano varie vie di comunicazione, fra le quali eccelleva quella che metteva in comunicazione l'entroterra con il mare.
La Pieve, che, pare, gareggi in antichità con Monastero, è da questa geograficamente separata dal Rosta o rio Fontana ed è unita, per quanto riguarda il servizio pastorale, dallo stesso arciprete don Luigi Brigati.
 La chiesa viene documentata per la prima volta nell’anno 1254. Si tratta di un fitto perpetuo in cui è presente come teste Gerardo “..Achipresbiter...plebis Gravaghi”.  
Il Concilio di Trento stabilì la tenuta dei registri parrocchiali ad opera dei parroci, nei quali venivano annotati i battesimi, i matrimoni e le sepolture. La chiesa di Pieve di Gravago  nel 1589  faceva parte del vicariato di Varsi, passò nel 1623 a quello di Vianino, infine nel 1879 venne inclusa nel vicariato di Bardi dove tuttora si trova. La chiesa attuale,  venne costruita tra il 1860 e il 1863. e fu consacrata dal vescovo, il beato G. Battista Scalabrini, il 22 agosto 1902. La torre campanaria, in pietrame a vista, venne costruita nel 1878, quando era arciprete don Antonio Serpagli.

ieri e oggi





IL CASTELLO


Chiunque getta uno sguardo ai monti che sovrastano, al di là del rio Fontana, la chiesa di Monastero, vi scorge un castello  e, più in alto, in asse, i resti di un antico fortilizio.
Il maniero, nonostante l'erosione del tempo e degli agenti atmosferici, continua a ricordare le aspre lotte che hanno segnato la storia di un luogo strategico e quindi conteso per il passaggio obbligato da una vallata all’altra (passo Santa Donna) e via d’accesso alla Toscana (passo del Brattello).
Le prime attestazioni documentarie del Castello risalgono al 1253: si tratta di un giuramento di fedeltà da parte di Lanfranco e Gardio Isembardi di Agolasio a Guglielmo Ianucino e Alberico Landi per il feudo ricevuto dai capitanei di Magnano.
Le vicende del fortilizio sono legate alla figura di Ubertino Landi, Il signore del castello di Bardi che per momenti critici quali avvistamento del nemico o assedio, aveva predisposto appoggio e rifugio in altre case-forti della Val Ceno, inespugnabili per posizione impervia.
Tra queste si ricordano la rocca di Tosca (ora scomparsa), la “caminata” di Brè, sulla via destra del rio Fontana frontale al castello e la “caminata” di Campello (sorgeva nel luogo dell’attuale chiesa) citata nel 1251 in un fitto perpetuo stilato “in caminata Guillelmi veronensis de Campello.” Nel 1269 Ubertino Landi, per sottrarsi all’assedio di castello e borgo di Bardi da parte di una coalizione militare milanese, piacentina e parmigiana, si rifugiò pertanto nel castello di Gravago, opponendo sicura resistenza all’attacco di un esercito formato da circa duemilacinquecento armati. L’anno successivo il comune di Piacenza occupò per alcuni mesi il castello di Gravago a scopo di riscatto per la liberazione di Alberto e Alberico Landi, ma, con l’intervento della famiglia Lusardi, Ubertino riconquistò presto il castello. Superato questo periodo di lotte, il castello venne abbandonato. Nel 1687 ne entrò in possesso la famiglia Platoni di Borgotaro e nel 1798 il Ducato di Parma lo incamerò nelle sue proprietà.
Oggi, sulle erte ripe, precipiti sul rio Fontana, si innalzano, abitate da potente vegetazioni, le mura sbrecciate del mastio (la fortezza era molto più ampia, come indicano le misure perimetrali di metri 13,5 per 10,20, fatte rilevare nel 1943 da Don Luigi Squeri e depositate presso il comune di Bardi). Rimangono tracce di un sistema di fortificazioni culminanti nella cosiddetta “Battagliola”, un ammasso conico di sassi murati che custodisce nel nome la sua antica funzione difensiva, essendo sicuro punto di avvistamento e protezione per gli strenui difensori del castello.








Foto tratte dal sito Valcenoweb di Flavio Nespi
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UN FILMATO sul Castello... oggi
inserito anche nella pagina del sito
GRAVAGO IN VIDEO,
  segnalatoci da Beppe Conti,
che l’ha pubbblicato
in VALCENOSTORIA (19-03-2021)



LA CAMINATA (BRE')

A Brè permane, pur in stato fatiscente, la “Caminata”, documentata il 7 settembre 1253, in un atto di Giovanni De Rallio che definiva un fitto perpetuo di terre presso la chiesa di Tosca e che così si concludeva “Actum in Castro Caminata dominii Domini Ubertino de andito”. Si trattava di una casa-fortezza avamposto del castello, costruita in zona più comoda dello stesso, più accessibile (ma anche dai nemici!), considerata in tempo di pericolo, rapida sosta del signore in fuga verso il suo nido d’aquila.
Edificata in epoca medievale, la grande casaforte, detta all'epoca Caminata in quanto provvista di camino, fu abitata per alcuni anni dal conte Ubertino Landi dopo la perdita del castello di Bardi nel 1269; trasformata successivamente in fabbricato rustico, fu profondamente modificata, ma conserva tuttora integro il massiccio lato orientale.  
Dopo il fasto medievale dei Conti Landi, passò in mano a diversi proprietari, per finire, per ultimo ai Franchi, la famiglia più importante di Gravago (come lo erano i Platoni a Borgotaro). Oggi è di proprietà di eredi della Famiglia Franchi.
Ricordiamo che, nel  secolo scorso, la Caminata ospitò, per diversi anni la Scuola Elementare.

Segnalando la Caminata, insieme  a Monastero e Castello,
abbiamo partecipato,
nel giugno 2020, alla decima edizione de


Foto tratta dal sito Valcenoweb di Flavio Nespi

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CENNI STORICI SULLA CAMINATA
a cura di Sandro Santini
VIDEO pubblicato
nel canale YouTube di Valcenoweb,

riproposto da Beppe Conti
su VALCENOSTORIA
il 15.12.2020







OSACCA


Osacca sorge a 743 m s.l.m. sul versante destro della Val Noveglia, a poca distanza dal passo di Santa Donna.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il piccolo villaggio divenne noto in quanto fu teatro della prima battaglia del Parmense tra un drappello di partigiani e un contingente tedesco e repubblichino: Nel mese di ottobre del 1943 una ventina di antifascisti provenienti da Casalmaggiore e Cremona, comprendente anche alcuni slavi e qualche militare sardo, costituì a Osacca un distaccamento intitolato a Guido Picelli; Il giorno di Natale dello stesso anno il gruppo fu attaccato da circa 75 soldati della Guardia Nazionale Repubblicana, dando origine a un aspro scontro armato;nonostante la disparità numerica, i partigiani, aiutati dai pochi abitanti del borgo, dopo due ore di combattimento costrinsero i nemici alla ritirata; tuttavia, nel timore di rappresaglie verso i civili, il distaccamento fu successivamente sciolto...

"La battaglia di Osacca fu un episodio straordinario della resistenza. Ricordarlo è importante per le nuove generazioni. La democrazia, la libertà, la Costituzioni sono beni preziosi da difendere. Bardi ricorda con affetto i partigiani e a lor va tutto il mio affetto e la gratitudine per la nuova Italia.
La Resistenza è stata combattuta nella Val Ceno con grande coraggio dai partigiani e dalle popolazioni. In VaI Noveglia erano i punti di appoggio e di rifornimento come “Casa Fulgoni” in località Noveglia, “Casa Sbuttoni” in località Copelli, “Casa Sidoli” in località Boé, Giovanni Sidoli (Boé) distribuiva le armi, che arrivavano da Parma. La battaglia di Osacca è tra le pagine più belle.
La mattina del 25 dicembre ’43, mentre la popolazione di Osacca e i partigiani si preparavano a festeggiare come potevano il Natale, un ragazzo portò da Noveglia la notizia che i fascisti dell’Ottantesima Legione di Parma stavano arrivando. Il contingente fascista era arrivato a Noveglia di Bardi “guidata da una spia, che alcun tempo prima si era infiltrato fra le file dei partigiani“. A Noveglia, i fascisti arrestarono alcuni civili segnalati come collaboratori dei partigiani e poi si incamminarono per Osacca, A Roncazzuolo fecero altri prigionieri e alle nove e mezza circa raggiunsero la località Case Vecchie, il più basso dei gruppi di case che di Osacca, dove si prepararono per accerchiare le località “Costa” e “Pesche”, dove sapevano che c’erano “ribelli”.
I partigiani e la popolazione respinsero i fascisti, che furono costretti alla fuga. Fu una grande vittoria. La popolazione di Parma fu informata con un volantino ciclostilato preparato e diffuso clandestinamente dal C.LN.
Osacca in seguito diventerà la sede del comando della 12a Brigata Garibaldi prima della liberazione della Valle del Ceno, avvenuta il 10 giugno 1944.
Protagonisti: Giovanni Favagrossa (medaglia d’Argento al V. M. alla memoria), , caduto, combattendo contro i tedeschi in ritirata, a Casalbellotto, il 24 aprile 1945; Sergio Vida di Casalmaggiore (Cremona); Alceste Bertoli, inviato con incarichi organizzativi da Parma; montanari del luogo come Albino Bergazzi, Beniamino Cristina, Giovanni Cristina, Giuseppe Colombani, Antonio Fulgoni, Italo Mortali, Domenico Zazzera, giovani come Giovanni Taraborrelli, Luigi Casula, protagonista della battaglia del Lago Santo, ucciso nel giugno ’44 in Vai Gotra, Luigi Sau e Isidoro Frigau, caduto il 15 marzo 1944 a Succisa di Pontremoli combattendo con Fermo Ognibene (Medaglia d’Oro al V. M. alla memoria); Luigi Ralli, catturato in un rastrellamento nella zona di Pellegrino Parmense e fucilato il 20 aprile ’44 a Castelfranco Emilia.
Personaggio di particolare rilievo fu Giovanni Mortali di Osacca, caduto il 28 aprile 1945. Giovanni fu il protagonista della battaglia del Natale ’43 a Osacca, della liberazione della VaI Ceno, con la prima Brigata partigiana della provincia ed fu fra “i protagonisti della grande battaglia finale della “Sacca di Fornovo” nella quale, dal 24 al 29 aprile ’45, gli effettivi di sei Brigate partigiane, affiancati dal giorno 26 dal 6° Rgt. di fanteria del Corpo di Spedizione Brasiliano e da alcuni reparti corazzati statunitensi, erano impegnati a bloccare, nel triangolo Fornovo-Collecchio-Medesano, la 1483 Div. di fanteria tedesca, al completo e i resti della 903 Div. motorizzata e della Div. fascista ‘Italia’ ”. Fu in quest’ultima battaglia che cadde Giovanni Mortali, mentre l’Italia già festeggiava la libertà per la quale aveva combatt)uto..."
(Dal volume "Val Ceno. Leggende e racconti " di Vinicio Ceccarini , illustrazioni Flavio Nespi, La Spezia 2015)





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Nella sezione del sito "Gravago-Libri"
PUBBLICHIAMO IL
DIARIO
di Domenico Zazzera, 1943,
(in cui si parla anche della battaglia di Osacca)
edito da Il Cammino Val Ceno
  VIDEO
RITORNO A OSACCA
NATALE DI GUERRA 1943
by ARVITER Teca

Sergio Vida e Giuseppe Rossi, due ex partigiani di Casalmaggiore, tornano dopo 50 anni a Osacca (Appennino parmense – Bardi) teatro del loro primo scontro con le forze fasciste.
Rivedono i luoghi testimoni di quel momento storico.
Fra i protagonisti dello scontro c’era il comandante di quella formazione partigiana, Giovanni Favagossa (caduto a Casalmaggiore il 25 aprile del 45).
Documentario di Pierluigi Bonfatti Sabbioni



Filmato girato nel  1994,
riproposto da Beppe Conti
 su Valcenostoria  
il 23-12-2020




LA BAITA  DI NOVEGLIA


La storica Baita di Noveglia,
sede dell'ASD Val Noveglia,

e importante centro di aggregazione
di tutta la Comunità bardigiana,
è andata completamente distrutta da un incendio,
la notte del 24 dicembre 2017.
L’incendio ha distrutto la Baita,
ma non ha distrutto la capacità di fare Comunità.
E, con il contributo di molti volontari, è stata ricostruita..

In 3 immagini la storia della baita...

1 - Com'era


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2 - L'incendio


Notte di Natale 2017
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3 - La ricostruzione


Da un post dell'ASD Val Noveglia
su Facebook (22 febbraio 2020)






Notizie storiche su Gravago
nelle pagine...

a cura di Giuseppe Beppe Conti
a cura di Silvia Bisi

a cura di Ida Albianti e Pino Bertorelli


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