Interviste - Gravago

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INTERVISTE

Per conoscere meglio la nostra valle,
abbiamo rivolto alcune domande
a chi ci vive

1
Vita da.... veneziani
2.
La caccia a Gravago
3
Gravago ieri e oggi
4.
Il carnevale di Noveglia
5.
Iginio Prati
Boscaiolo... oggi



INTERVISTA A FRANCESCO E TANIA ILVENTO



1.
VITA  DA... VENEZIANI
Intervista a Francesco Ilvento e a Tania
a cura di Pino Bertorelli


La casa a Venezia
che Francesco e Tania stanno ristrutturando
(foto  2018)

Venezia, 1000 m. di altitudine, abitata nel secolo scorso da poche famiglie e poi abbandonata agli inizi del terzo millennio… continua a vivere grazie alla presenza di nuovi abitanti. Da oltre una decina di anni, infatti, vi vivono tre persone: Francesco Ilvento,  Tania Rodnichenko e la loro bambina Sofia, che frequenta le scuole  a Bardi.  Proviamo a conoscerli meglio...

- Ciao, Francesco,  so che vivevi nel milanese. Come è nata in te l’idea di venire a vivere in un luogo così isolato?
E’ nata dalla necessità di “vivere”.  A Milano per me era solo “sopravvivere”, casa e lavoro. Non “respiravo”. Sognavo qualcosa di diverso.

- Quando sei arrivato a Venezia?
Sono arrivato qui nel lontano 2002. Non potrò mai dimenticare quel giorno che ha cambiato la mia vita.

- Scusa, qual è stato il tuo primo pensiero quando hai visto  la “tua” Venezia?
Mi sono innamorato immediatamente di Venezia, è stato un colpo di fulmine. E ho detto: “Voglio morire qui!”

- Hai incontrato, all’inizio, qualche difficoltà, soprattutto per quanto riguarda il lavoro?
La vita in montagna non è facile, questo è un mondo “duro”.  Non è stato un problema ambientarmi qui, anche se vedere, i primi anni, d’inverno, qualche nevicata anche superiore al metro... un po’ mi spaventava, ma la forza di restare è stata più forte della forza di andarmene. Per quanto riguarda il lavoro, ho saputo adattarmi. Principalmente ho fatto il muratore. Poi grandi soddisfazioni sono arrivate anche dai vetri artistici.

- A proposito di vetri artistici, che nobilitano anche le finestre della tua casa, sappiamo che lavori egregiamente il vetro e che hai fatto vari lavori su commissione.
Infatti la mia grande passione è la creazione e la produzione di vetri artistici. Il mio sogno era (e lo è ancora) quello di creare una scuola con “corsi di vetrate artistiche”. Spero tanto di concretizzarlo, perché mi piace lavorare coi bambini che sono molto creativi.
Da quando sono a Venezia ho realizzato, con l’aiuto di mia moglie Tania, che cura la parte grafica, diverse opere in vetro, soprattutto in chiese e cappelle cimiteriali. Tutto viene progettato e prodotto qui a Venezia.

- Quali sono le fasi principali per la realizzazione di un vetro artistico?
Anzitutto, ci tengo a precisarlo, si tratta di “pezzi unici”, realizzato con la tecnica “Tiffany”.
La prima fase di lavoro consiste nell’ideazione dell’opera. Si concorda tutto col committente.
Segue la progettazione grafica, curata abilmente da Tania, che ha frequentato una scuola di grafica ed è molto creativa.
Si passa poi alla realizzazione dell’opera qui, nel laboratorio. Importante è la cura dei dettagli, la precisione.
Infine si giunge alla posa dell’opera, con l’aiuto dell’amico Luigi Cavalli.
Su Facebook ho una mia pagina, "Artevet", su cui pubblico le foto delle mie creazioni.

- Da quando sei arrivato, ormai oltre 15 anni fa, come è cambiato il tuo rapporto con Venezia?
Adesso Venezia è più vivibile! Non ho avuto delusioni  particolari; sì, qualche problema, ma superato sempre. Ho ristrutturato, in gran parte, la casa dei Cappellazzi e le cascine adiacenti, anche se le cose da fare sono ancora tante. Comunque l’amore per Venezia mi darà sempre un’iniezione di ottimismo e fiducia.
Una domanda anche a Tania,  tua moglie e compagna di vita.

- Ciao, Tania, sappiamo che vieni dalla Russia, potresti dirci come ti trovi
 in questo minuscolo paesino tra i boschi?
Sono nata in montagna, negli Urali, ho effettuato studi grafici e lavorato, in Russia, come tipografa. Ho condiviso subito con Franz il nostro progetto di vita insieme in questo posto solitario e meraviglioso. Ho sempre amato il contatto diretto con la natura e il silenzio dei boschi. I miei Urali, coi loro antichi borghi e paesaggi montuosi incontaminati, sono molto lontani, ma devo confessarti che il mio sogno da bambina era quello di vivere nei boschi. E qui a Venezia l’ho potuto realizzare. Questo, davvero, “mi piace” tanto.

- Grazie, Francesco e Tania!




INTERVISTA AD ADRIANO FRAZZONI



2.
LA CACCIA
Intervista ad Adriano Frazzoni
a cura di Pino Bertorelli

La caccia, un'attività nata con l'uomo, praticata, prima, solo per  l'approvvigionamento di cibo, pelli o altre materie e ora quasi a scopo ricreativo, commerciale e per contenimento e gestione di una specie.
Anche a Gravago, essa, ha subito un'evoluzione notevole. Oggi, nel rispetto della rigida normativa regionale che regola l'attività venatoria, viene ancora praticata per “passione”, ma anche per “necessità”. Si abbattono soprattutto cinghiali, che si riproducono con notevole frequenza, a volte possono essere pericolosi e causano anche gravi danni ai raccolti, visto che hanno l’abitudine di cercare cibo nel suolo usando il grugno per rivoltare il terreno. Sentiamo la voce di un cacciatore doc.

- Ciao, Adriano, sei uno degli “storici” cacciatori di Gravago. Proviamo a fare una panoramica su questo tema che coinvolge ancora tanti  appassionati in Val Noveglia. Anzitutto ricordiamo  alcuni di coloro che, negli ultimi decenni, hanno condiviso tante volte con te questa esperienza...
Vorrei fare i nomi di tutti, ma mi limito a uno, Gino Morbiani, il caposquadra per eccellenza. informato su tutto, abile organizzatore, sempre presente e disponibile. Purtroppo ci ha lasciati recentemente, lasciando un vuoto incolmabile, non solo tra i cacciatori.

- Possiamo dire che la tua “passione” per la caccia è nata da ragazzino. Hai qualche ricordo particolare?
Sono cresciuto in un ambiente, dove spesso si parlava di caccia. Di ricordi ne avrei tantissimi! Mi limito a precisare che sono entrato in questo ”ambiente” a 18-19 anni e... non ne sono più uscito. Per me la caccia è amicizia, è gruppo, passione, rispetto per l'ambiente e per gli animali. Ma avrò modo di chiarire alcuni concetti.  

- E' vero che la caccia, in questa parte dell'Appennino, è quasi una “necessità”? Pensiamo soprattutto ai cinghiali...
Verissimo. I cinghiali creano ingenti danni alle coltivazioni e non solo. La Regione rimborsa ai contadini i danni causati dagli animali, ma se essi superano i limiti prestabiliti, in una zona assegnata ad una squadra di cacciatori, questa squadra dovrà risarcire l'eccedenza di tasca propria per aver abbattuto pochi cinghiali!  

- Quanti sono attualmente i cacciatori in Val Noveglia?
All'incirca un'ottantina, ma bisogna tener presente che le le squadre sono composte anche da cacciatori delle zone limitrofe.

- Come viene organizzata una “battuta di caccia” al cinghiale? Quanti cacciatori vi partecipano?
L'organizzazione è molto ben articolata. La normativa è molto rigida. Ogni squadra è composta da  almeno 40 iscritti, dei quali 15 devono essere presenti durante la battuta, tutti con regolare licenza, abilitati ad andare a caccia. Ci sono un caposquadra (che abitualmente è Giovanni Bertorelli) responsabile di tutto, e alcuni (2/3) vicecaposquadra. L'uscita viene preparata con riunioni, che facciamo nella nostra sede di Brè. Niente viene lasciato al caso.

 - In quali zone della Val Noveglia praticate la caccia al cinghiale?
Alla nostra squadra è assegnata la zona che va da Monti al Barigazzo.
 
- Quali animali  e quanti capi si possono abbattere, oltre al cinghiale?
Caprioli, volpi, lepri e volatili (soprattutto fagiani, coturnici, pernici, beccacce e starne).  Per i cinghiali non è fissato il numero, per gli altri animali bisogna seguire le norme regionali che regolano l'attività venatoria

- Cosa succede quando tornate a casa con un cinghiale abbattuto?
Si porta l'animale direttamente nel nostro macello di Brè. Prima di procedere, si invia una fiala di sangue agli organi competenti perché sia analizzata.  Con le necessarie autorizzazioni, si procede allo svisceramento e al macello vero e proprio e poi ci dividiamo le parti. Volendo, potremmo anche vendere la carne.

- Adriano, ci puoi ricordare qualche episodio particolare? Per esempio, qualche incontro nel bosco a tu per tu con un cinghiale...
Di episodi ne avrei tantissimi, ma, per far capire come qui si “convive” con questo animale, vorrei raccontare cos'è accaduto a mia moglie, non nel bosco, ma nella strada tra Noveglia e Bardi, precisamente alla Fratta. Stava guidando in una giornata nebbiosa e ha notato sulla scarpata qualcosa di grosso che si muoveva. Ha rallentato. Un cinghiale, che poi si è allontanato, ha “attaccato” la vettura. 1200 euro di spese per carrozzeria!

- Le armi che usate per andare a caccia hanno subito un'evoluzione negli ultimi decenni?
No, grosso modo, sono le stesse. Mi preme ricordare mio suocero Celeste Cappellazzi, abilissimo intagliatore del calcio del fucile. Oggi, a Gravago, purtroppo non c'è più nessuno che si dedica a questa attività.

- Come “gruppo cacciatori”, fate altre cose, oltre a coltivare questa comune “passione”?
Siamo legati tra di noi da una grande amicizia, ci troviamo spesso, nella nostra sede, ma anche al ristorante (e ogni occasione è b uona per festeggiare!). Abbiamo fatto, in diverse circostanze, anche delle “raccolte fondi” per iniziative benefiche. Ricordo che una volta abbiamo aiutato una famiglia, che doveva portare la bambina in America per un intervento molto delicato.
 
Grazie, Adriano, della tua testimonianza!  Abbiamo capito che la caccia, qui, non è puro divertimento, ma soprattutto importante forma di aggregazione per gli uomini che vivono ancora nella nostra valle.  




INTERVISTA A GINO SPAGNA



3.
GRAVAGO IERI E OGGI
Intervista a Gino Spagna
a cura di Daniela e Vittorio Martellotti

Ciao, Gino, tu sei la “memoria storica”, un pilastro del passato recente e del presente di Gravago. Per conoscere i cambiamenti che hanno segnato queste “Terre dei Conti Landi” nell’ultimo secolo, partiamo da lontano…

– Tu... sei nato a Gravago? Hai sempre vissuto qui?
   Sono nato il 15/06/1943  a  Brè, precisamente nel “Palazzo” (a quel tempo casa della famiglia Franchi); ho sempre vissuto a Gravago, prima a Brè, poi a Monastero e a Noveglia.

– Hai qualche ricordo  particolare della tua infanzia? Come si divertivano i bambini?
  I giochi ai nostri tempi non erano molti. Quando si andava a dottrina a Monastero, giocavamo a pallone nel sagrato, per lo più con una lattina vuota di pelati al posto della palla, ma spesso il parroco, Don Luigi Squeri, ci sgridava... Qualche volta si giocava alla “scundaröla” (nascondino), ma... la maggior parte del tempo si passava  ad aiutare la famiglia nei campi e nei lavori di casa.

– Dove hai frequentato la scuola elementare? Ricordi qualcosa di particolare di compagni e maestre? In quanti eravate nella tua classe? Era pluriclasse?
   Ho frequentato fino alla terza elementare alla “Caminata”. Eravamo una classe con circa 25 alunni ed una sola insegnante, la Sig.ra Corsini Clementina, molto esigente e severa. Ricordo che, quando noi alunni facevamo una marachella, ci metteva in castigo in ginocchio per delle ore sui gradini della scala che portava al piano superiore. Spesso  si dimenticava che eravamo lì e qualcuno,  non ricordo se fosse stata la madre o la sorella, veniva  ad aprirci  di nascosto la porta, per poter andare a casa. Ricordo che, nel periodo invernale, ognuno di noi portava un pezzo di legna per poter riscaldare l’aula con la stufa. Eravamo in tanti e ricordo  particolarmente, tra i miei compagni di scuola e di giochi,  Sbuttoni Pierino e Barbuti Mario che ora risiedono negli U.S.A. La quarta e la quinta elementare le ho frequentate a Monastero con la maestra Giustina Belli.

– A Messa, a dottrina… andavate tutti? Cosa ricordi del parroco? e di quel periodo?
   A dottrina, come ho già detto prima, andavamo quasi tutti a Monastero.  Il parroco Don Luigi Squeri era una persona dal carattere forte, come si dice, “fumino”. Nonostante questo, è stata una persona che ha dato molto a Gravago. Aveva molti progetti ed alcuni, grazie alle sue conoscenze a Roma, è riuscito a concretizzarli.
Un ricordo particolare, che mi è rimasto impresso, riguarda l'arrivo della macchina da ”battere” di  Resteghini e Morbiani, momento importante e gioviale. Le famiglie si riunivano e si  aiutavano reciprocamente, poi si finiva sempre con un gran banchetto. Quando però capitava che la macchina arrivava in un cortile il venerdì, si doveva andare dal parroco per ottenere da lui la dispensa  per poter mangiare la carne appunto  di venerdì. Ricordo  in particolare una volta che mio padre mi mandò da Don Squeri per chiedere questa dispensa, portando però due polli come offerta. Giunto in canonica, la perpetua Esterina mi disse che il parroco non era in sede, ma, prendendo con piacere i polli,   la dispensa  me la diede lei. dicendomi “ battì pur” ...

– Nell’adolescenza, come si vivevano i primi amori... senza cellulare?
 Mi ricordo che, quando andavamo al pascolo con le mucche,  noi ragazzi cercavamo di portarle nei pascoli vicini a quelli dove le  ragazze portavano  le loro. Altro punto di incontro con i primi amori... erano le feste da ballo che si organizzavano un giorno nell’aia di uno e l’altro  giorno a casa dell’altro.

– La tua vita familiare: hai qualche ricordo indimenticabile dei tuoi nonni e dei tuoi genitori o di Daniela bambina?
   I miei genitori sono sempre stati mezzadri e perciò abbiamo abitato nelle varie frazioni di Gravago. Un ricordo indimenticabile riguarda il momento in cui mio padre era stato operato a Parma: mio fratello si trovava in Svizzera per lavoro ed era impossibilitato a tornare, in quanto non aveva fatto il militare e se fosse tornato lo avrebbero subito arruolato, perciò io, bambino di 12 anni circa, mi sono dovuto far carico delle attività della famiglia e portare avanti tutte le incombenze. Ricordo che avevo dovuto anche chiedere aiuto alla gente del posto per il fieno e il frumento.
Per quanto riguarda il mio nonno,  passava spesso a trovarci a casa nostra a Castagneto e molte volte arrivava, da buon montanaro, che aveva alzato un po il gomito. Allora quando scendeva la sera mio padre mi diceva di accompagnarlo a casa , alla Caminata;  una volta arrivato là,  mi fermavo per la notte e rincasavo il giorno dopo.

– Parlaci un po’ della tua vita lavorativa: che “mestieri” hai fatto? Hai sempre lavorato a Gravago?
 Ho sempre lavorato a Gravago. Già all’età di 6 anni lavoravo nei campi con la mia famiglia,  poi a 13 anni sono andato a fare l’apprendista meccanico da Ricci Luigi, che aveva l’officina meccanica a Noveglia. Devo a lui buona parte del mio sapere! E’ stata una figura per me molto importante, direi quasi come un padre. Poi ho aperto la mia officina sempre a Noveglia, che ho chiuso alcuni anni fa per il pensionamento, ma  tuttora mi diletto a costruire e smontare e rimontare i motori, che sono stati la passione della mia vita.
    
– Un momento importante della nostra comunità è sempre stato il carnevale… Hai già rilasciato a Ida un’intervista, ma, se dovessi riassumere in breve, cosa diresti del carnevale a Gravago?
  Il carnevale a Gravago è sempre stato sempre qualcosa di importante, oggi come in passato, dalle varie mascherate dei vecchi tempi quando bastava qualche straccio buttato in testa e si girava di casa in casa a fare baldoria, sempre accompagnati dai fisarmonicisti. Tra questi, ricordo Bertorelli Nino di Bre’.
Negli anni ‘80  si e’ iniziato a fare  piccole sfilate con i carri fino  ad arrivare ai giorni nostri...  e, con l’aiuto della Associazione sportiva Valnoveglia, abbiamo costruito dei veri “pezzi di storia” che sono stati anche premiati nelle varie sfilate. Tra questi, vorrei ricordare il Gravago Express, la vecchia corriera Bardi-Lugagnano, e un carro molto impegnativo e molto bello, costruito per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Si sono aggregate numerose persone della valle ed è stato fatto un gran lavoro per costruire il carro dove campeggiava Garibaldi in sella al suo cavallo bianco, fatto arrivare appositamente dalla Sicilia.
Ora purtroppo, vuoi un po’ per l’avanzare dell’età, per la mancanza di aiuti per la realizzazione, ma per lo più per varie regole restrittive, la tradizione del carnevale, ahimè, sta piano piano sparendo anche dalla nostra meravigliosa valle.  

- La Baita: quanti ricordi! Uno o due, che ti vengono subito in mente...
  La Baita... quanti ricordi davvero, una comunità riunita per dare vita ad un’idea che avevano avuto i giovanotti di alcuni decenni fa! Quanti sacrifici, quanto lavoro, ma anche quante soddisfazioni. Il ricordo più bello è appunto legato al senso di aggregazione collettivo che c’è stato, e sicuramente il ricordo più brutto è stato l’incendio che l’ha distrutta la notte di Natale del 2017. E’ stato un Natale surreale per gli abitanti della valle, ma ad oggi qualcosa di grande sta rinascendo.

- Persone o personaggi... di Gravago: ...qualcuno che vorresti ricordare?
   Come già detto, una persona che è stata e sarà sempre per me molto cara è Ricci Luigi.
Altri personaggi che ricordo? Guarda, ce ne sono talmente tanti che non riesco a focalizzarne qualcuno in particolare, forse perché noi gravagotti siamo tutti dei  “personaggi”, ognuno a modo suo!

- Prima di salutarci, vorremmo farti qualche domanda di carattere “storico”: sappiamo che tu (come il Conte Ubertino Landi nel secolo XIII !) hai abitato alla Caminata  di Brè: com’è l’interno della costruzione?
  Alla Caminata ci abitavano i miei nonni e mio zio, ma io personalmente non ci ho mai abitato. C’era la scuola che frequentavo e ricordo che era un grosso fabbricato con un camerone molto grande, l’aula dove si tenevano le lezioni, mentre al piano superiore c’era l’abitazione dei miei nonni.
  
- Cosa ricordi dei Franchi? e di Duccio, in particolare?
  Dei Franchi  ho sentito parlare, ma sinceramente non ho di loro ricordi particolari

- Una curiosità... sulla Cappella dei Corvi di Stabio: sai qualcosa sulla sua storia (quando è stata costruita... ecc.)?
    Purtroppo so molto poco della Cappella dei Corvi e non posso darti notizie particolari su di essa

– Noveglia...ieri e oggi: come è cambiata?
  Noveglia è cambiata molto, sia come abitanti che come edifici. Dagli anni ‘70 c’è stato un notevole ampliamento del paese. Molti si sono costruiti la casa nel paese dove sono nati e ci vivono tuttora. Molti invece sono anche i “foresti” che si sono innamorati della nostra valle e hanno deciso di trasferirsi qui, ridando  nuovo splendore anche a certe case che erano destinate al declino

- Se ti chiedessimo di scegliere un momento felice e uno più triste della storia di Gravago, quali sceglieresti e perché?
  Scegliere il momento piu  felice ed il più  triste della storia di Gravago... non è assolutamente semplice.  Sicuramente il ricordo più positivo riguarda lo stare insieme da ragazzi, i legami che ci hanno uniti lìuno all’altro. Bastava davvero un niente per divertirsi ed essere felici! Un altro ricordo particolarmente felice: quando lavoravo in officina  da Ricci, a volte mi mandava con la sua Jeep Willy a portare, attraverso le mulattiere (allora non si potevano chiamare ancora strade),  le varie maestre che dovevano andare a fare lezione, chi alla scuola di Brugnola chi a Osacca chi a Cerreto e chi a Pianelletto. Oppure facevo una sorta di taxista per le zone raggiungibili solo con il fuoristrada, come, ad esempio, accompagnare le persone che andavano alla festa sul Barigazzo con la Jeep, passando per le Coste dove ci sono le croci...

- Come vedi il futuro di Gravago?
   Il futuro di Gravago lo vedo non proprio roseo, purtroppo. Come tutti i paesi di montagna, sta subendo un inarrestabile spopolamento; la città offre servizi e svaghi con cui le nostre valli non possono competere. Fortunatamente ci sono famiglie in controtendenza che scappano dalla citta’ per venire a Gravago in cerca di una vita meno frenetica.

- Secondo te, come potremmo valorizzare la nostra grande storia passata (Castello, Monastero, Caminata...)?
    Sicuramente cercando di recuperare quel poco che è rimasto di questi edifici che hanno fatto la storia del nostro paese, ma ci sarebbe davvero tanto da fare e temo che alle nostre istituzioni non interessi molto investire denaro in  tal senso. E il risultato è che i pezzi della nostra storia stanno inesorabilmente crollando! Noi, nel nostro piccolo, con l’aiuto dell'Associazione sportiva Valnoveglia e con la festa di s. Anna, qualcosa abbiamo fatto, come pulire strade e sentieri, illuminare le nostre chiese ecc.  e ancora speriamo di farlo, sempre che la pandemia ci dia un po’ di tregua e ci riconseta di riorganizzare la festa più amata delle nostre valli.

- La pandemia ha cambiato la vita anche qui...
  Certamente sì, anzi più che in città. Chiudendo un bar e un ristorante da noi, non è assolutamente come chiuderlo in città: qui  da noi un bar è un centro di ritrovo per la comunità’, chiudendo quello,  significa creare isolamento e solitudine. Ci sono però due cose positive: stare in casa in citta’ vuol dire letteralmente  chiudersi dentro quattro mura, qui invece con l’orto e il giardino si sta all’ aria aperta; inoltre,  essendoci poca gente, il virus ha potuto circolare meno...

- Vuoi aggiungere qualcosa… alle domande che ti abbiamo fatto? O lanciare un messaggio ai giovani d’oggi?
  Il messaggio che vorrei lasciare ai giovani di oggi: essere felici! La felicità non si trova nel cellulare più moderno, nella macchina piu grossa ecc, ma nella gioia di stare insieme, di parlare, di ascoltare e di guardarsi negli occhi...  Non bisogna lasciare andare tutte le belle cose che sono state fatte dalle generazioni precedenti e, soprattutto, occorre “coltivare” le proprie radici, perchè solo così i giovani non le lasceranno mai morire.

- Grazie, Gino, per questa intervista “a tutto campo” e per aver condiviso “col mondo”  i tuoi ricordi!!!
ALCUNE  FOTO
DEL CARNEVALE A GRAVAGO
tratte dall'archivio di Vittorio Martellotti

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INTERVISTA A GINO SPAGNA



4.
IL CARNEVALE DI NOVEGLIA
Intervista a Gino Spagna
a cura di Ida Albianti



Le maschere, come altro da sè da celare per farlo indovinare, hanno a Gravago una bella storia.
Ricordiamo l'importanza che si dava, in passato, al carnevale, ai costumi, ai tipi che ogni partecipante doveva e sapeva impersonare. Il centro organizzativo del carnevale era la frazione di Sbuttoni, che vantava nella Gigetta l'eccezionale sarta che per mesi si dedicava a confezionare i costumi più belli. Nel carnevale c'era al tempo stesso l'idea della festa diretta a tutti -le maschere visitavano le case di tutte le frazioni- e l'orgoglio di portare in giro uno spettacolo divertente e molto accurato. Il divertimento e il riso risultavano di conseguenza, così come la festosa accoglienza da parte della popolazione. In tempi più recenti il carnevale è diventato l'espressione artistica di Noveglia-Gravago, da dove partono ogni anno i carri a tema per la sfilata a Bardi e, credo, per Compiano, Bedonia, Farini, Busseto e chi sa dove in futuro!
Per saperne di più sul nostro carnevale, abbiamo pensato di chiederlo ad un esperto, Gino Spagna...

-  Ciao, Gino! Quando è iniziata la nuova tipologia di carnevale e chi sono stati i primi organizzatori?
Cominciano alcuni di noi collaborando prima col gruppo di Credarola  e di Bardi, poi con l'A.S. di Noveglia. Circa trentacinque anni fa, il carnevale acquista una sua autonomia; si sviluppa intorno a una prima idea creativa e ogni anno cresce come proposta e organizzazione. Con la partecipazione volontaria di tutti, uomini e donne di ogni eta', richiamati dall'ambizione di fare qualche cosa di bello e di significativo, per mostrare agli altri il volto ridente di una valle che ha pochi abitanti, ma che puo' contare sull'aggregazione e sull'unita' di quei pochi.
- A quale altro carnevale vi siete ispirati come modello?
Il nostro carnevale e' stato sempre spontaneo. Solo il nostro spirito ci ha ispirato, che poi e' lo spirito giocoso dei nostri padri.
- Un pensiero particolare mi riporta a tuo padre, Andrea; riemergono le sue battute, le facezie, le "omelie" improvvisate sul sagrato dopo il vespro, i soprannomi azzeccati per ciascuno di noi, le imitazioni di chi parlava in italiano dandosi, secondo lui, delle arie (Silenzio. Sorriso sommesso di entrambi)
I carri di Noveglia -sempre molto apprezzati e forse temuti nella concorrenza- sono diventati l'identità folclorica di Gravago. Potresti ricordare i diversi temi che avete interpretato?
La carbonaia, satira politica con personaggi italiani e internazionali, la storica corriera di linea Bardi-Lugagnano, la locomotiva a vapore, 43030 Gravago Express, “I sarlatan d’ Nuveia”, Buon Compleanno Italia 1961-2011


- Quali premi avete ottenuto?
Eravamo seguiti e ripresi da RTA di Borgotaro, i premi venivano assegnati dai voti espressi dalla giuria dei carri e da una giuria popolare. Ogni anno abbiamo ricevuto una targa di riconoscimento, come tutti i carri partecipanti. Quando siamo andati a Busseto (con la corriera) ci e' stata  assegnata la maschera d'oro...  puoi vederla!
Al di là del successo, che è importante e non deve indurre a fermarsi, qual è il significato umano-educativo che riscontrate durante le fasi organizzative? Quale l'indice di divertimento?
Dalla progettazione alla realizzazione c'e' l'apertura  a tutti quanti vogliono partecipare. Si distribuiscono i compiti secondo le attitudini di ciascuno, in spirito di collaborazione e dedizione. Nonostante la nostra popolazione tenda a diminuire, intorno al carnevale, come per altre iniziative sociali, troviamo buon accordo.
- Ciò è esemplare per le nuove generazioni! Quali sono le fasce d'età dei partecipanti? Si riesce a coinvolgere bambini, adolescenti e giovani?
Partecipano in molti, attirati dal tema e dalla  possibilità di condividere il tempo,  divertendosi. Molti anni sono state eccezionali le donne, le ragazze, lavorando assidue e creative. I giovani, con gli smartphone hanno contribuito a far conoscere e diffondere la nostra  attivita'.
- Come finanziate questa festa? Avete degli sponsor?
Tutto avviene in collaborazione con l'A.S. di Noveglia e col contributo materiale e operativo della popolazione di Gravago.

- Dove vi riunite per la programmazione e dove lavorate?

Ci troviamo di sera nella baita per discutere sul progetto. Lavoriamo in un box sistemato presso la stessa e che ci serve poi da archivio. In baita sono esposti costumi, premi e molte fotografie. Quando vuoi vederle, non fai che dirlo. Ti servira' una settimana per esaminarle tutte!

- La documentazione fotografica è postata, anno per anno, anche sui siti web e sui social. Ritieni che anche questo sia un bel modo per comunicare gli eventi di Gravago ai nostri emigranti in Paesi lontani?
Come dicevo prima, e' merito dei giovani saper condividere ogni evento della valle con i nostri emigranti, vicini e lontani, che ogni anno si rivelano sempre piu' partecipi e quindi piu' vicini a noi e al paese d'origine. Questo avviene non solo per il carnevale, anche per altre iniziative sociali che gli emigranti sostengono generosamente.
- Grazie, Gino, della tua disponibilità e, soprattutto, del tuo giovanile entusiasmo per ogni cosa che fai!

P.S. - Al momento dell’intervista (sett. 2017) esisteva ancora la vecchia baita del Campo Sportivo. Esisteva come centro organizzativo, e custodiva tanti significativi ricordi, andati poi in cenere la notte di Natale 2017. Ma la baita sta già rinascendo: la generosità degli abitanti e degli amici della valle fa sì che la “ricostruzione” avvenga in tempi molto brevi!





INTERVISTA A IGINIO PRATI



IL BOSCAIOLO... IN VAL NOVEGLIA

(IN ALTRA PAGINA DEL SITO)


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