Monastero e Pieve - Gravago

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STORIA
LE DUE CHIESE DI GRAVAGO

IERI...



E OGGI...



Le chiese
di Monastero e Pieve
tra storia e cronaca


Monastero e Pieve... ieri e oggi

La storia delle  parrocchie di Monastero e Pieve di Gravago inizia da lontano, come risulta dalla ricostruzione narrativa e documentaria di Don Duilio Schiavetta, sull'”Araldo della Madonna di San Marco” nel 2003, e di Silvia Bisi, in “Pievi di Valtaro e Valceno”, Centro Studi Valceno, Quad.14, 2007, qui, in larga parte, riproposte. (da "Mezzo secolo in Val Noveglia")

Al visitatore che si affaccia in Val Noveglia, appena varcato il passo Abdon, si presenta l'estesa valle in tutta la sua ampiezza, dominata in alto dal memorabile castello di Bardi con il paese attorno e nel mezzo dalla monumentale chiesa di Monastero di Gravago.
 
LA CHIESA DI MONASTERO...  IERI

Il nome “Gravago” può essere un prediale, derivante dal proprietario di fondi rustici, “Capriacum”, con consuete trasformazioni (Baruffini). Il termine “monasterium”, invece, in età altomedioevale rimanda, oltre che ad un vero e proprio monastero, anche ad una chiesa rurale, un ospizio, una cappella retta da un solo ecclesiastico; si può pensare, quindi che Gravago sia stato un semplice ospizio, assunto ad una certa importanza economica e che tale sia restata almeno sino alla metà del IX secolo (G. Spinelli, op. cit., pag. 8). Proprietà considerevoli degne di presidio, se, all’inizio del X sec., la minaccia delle incursioni degli Ungari sui propri territori persuase Everardo, vescovo di Piacenza, a erigere sull'alta scoscesa roccia di Bardi, già comprata, una fortezza sicura, “un castello, un rifugio per i religiosi e i villani che abitavano nei molti ed estesi possessi della sua Chiesa nelle valli del Ceno e del Noveglia; primo per importanza il monastero di San Michele di Gravago” (Fumagalli).
Le prime attestazioni  del monastero benedettino di Gravago, di fondazione regia,  risalgono all’anno 744, nel diploma del re longobardo Ildeprando  che concede al  vescovo di Piacenza  il controllo del monastero. Questo documento è il primo di una serie di privilegi di carattere economico che i sovrani longobardi  e successivamente quelli carolingi accordano alla chiesa di Piacenza in seguito alla loro conversione, avvenuta nel corso del VII secolo. Rimane ignota la data di fondazione di questo monastero regio. Verosimilmente il monastero di San Michele, insieme ad altri monasteri della chiesa piacentina come San Salvatore in val  Tolla e San Fiorenzo di Fiorenzuola, era sorto lungo importanti direttrici di traffico, punti focali della dominazione longobarda, nei pressi di assi transappenninici che collegavano Nord e Centro Sud Italia; nel caso di Gravago la rete viaria attraverso il passo del Santa Donna, metteva in comunicazione la Valceno e la Valtaro, risaliva attraverso il Brattello, arrivava a Pontremoli, Luni e  all’Italia centrale, oppure da Gravago verso Tosca scendeva a Varsi e da lì raggiungeva la  pianura.  In un privilegio successivo, dell’anno 820, l’imperatore Ludovico il Pio riconferma  il controllo del monastero di Gravago al vescovo e alla chiesa di Piacenza; il  monastero di Gravago nel periodo antecedente, infatti,  risultava essersi sottratto all’obbedienza dell’autorità vescovile piacentina ai tempi del vescovo Giuliano (780-89) e solo con il suo successore Podone (809-839), il monastero ritornò sotto il controllo dell’episcopato piacentino.  Le fonti disponibili non permettono di sapere quale fosse il numero dei monaci che abitavano presso il monastero o se lo stesso fosse un ospizio retto da un monaco con chiesa rurale annessa. Non è possibile ricostruire la proprietà fondiaria del monastero, per mancanza di documentazione, ma sicuramente Gravago assunse un’importanza economica rilevante: è nota l’esistenza di una cella monastica (..de cella monasterii Gravaco..)  di proprietà del monastero in un documento dell’anno 841; si tratta di una permuta di terre, rogata a Carpaneto  (…in curte Carpeneto...) tra il vescovo di Piacenza Seufredo  e Arnone, di nazionalità franca. Le terre sono situate in “Bertolasco” e in “Costa”. Arnone, da parte del monastero di Gravago (…ad ispius Monasterii Gravaco…) permuta delle terre con il vescovo di Piacenza Seufredo, per conto della chiesa cattedrale piacentina. Si tratta di terreni arativi e vigne; una di queste vigne è situata presso una cella del monastero di Gravago (…prope cella ipsius monasterii…). Giacomo Coperchini localizza la cella del monastero di Gravago nella parte collinare della Val Chiavenna, tra Vigolo Marchese e Rustigazzo di Lugagnano, sulla sinistra del torrente Chiavenna di fronte a Vigostano, in località Batelaccio (Bertolasco) ove esisteva una chiesa di San Giorgio, dipendente dalla pieve di Castell’Arquato. Le cause che hanno portato alla decadenza del monastero sono ignote, probabilmente dovute al mutare delle condizioni socio economiche. Sono stati condotti scavi archeologici nella chiesa di Monastero nel 2014 i cui risultati non sono ancora stati pubblicati. Il monastero di Gravago è documentato inoltre nelle Rationes Decimarum piacentine e bobbiensi: gli elenchi delle decime che venivano riscosse dagli enti ecclesiastici, sia nel secondo estimo del XIII secolo, proveniente dall’archivio capitolare di Fiorenzuola d’Arda indicato come monasterium Gravagi, sia nell’estimo del 1352, proveniente dall’Archivio capitolare della cattedrale di Piacenza  indicato come monasterium de Gravago.   Altre informazioni sul monastero provengono da Giovanni Pongini nella sua Storia di Bardi e della Valceno e sono relative agli atti notarili di Guglielmo Ferrari: nell’anno 1329  tale prete Cristoforo è contemporaneamente rettore della Chiesa di Canal di Vona e procuratore del monastero di Gravago; nello stesso atto il prete Giovanni di Ena, rettore e ministro del monastero di Gravago, affitta beni del monastero ad un certo Gioanni di Noelia.
Nella carta-affresco del 1574, che si trova nel monastero benedettino di San Giovanni a Parma, mentre non è indicato Bardi, figura il nome di Gravago, a ricordare l’importanza del suo antico monastero (Samorè).
Del monastero oggi rimane solo il toponimo.

LA CHIESA DI MONASTERO...  OGGI

La grande chiesa di Monastero, dedicata a San Michele Arcangelo, fu edificata verso la metà del 1600, poi raddoppiata a partire dal 1718 ad opera delle stesse maestranze che edificarono la chiesa di S. Giovanni in Bardi. Nell'alta ed ampia facciata, con richiami liguri, sono collocate cinque statue: in alto al centro troneggia quella del santo titolare, S. Michele Arcangelo, sotto, allineate, quelle che raffigurano i quattro Evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Il bel portale scolpito da maestranze locali, pur essendo del XIX secolo si ispira a motivi decorativi del Sei-Settecento, in occasione di sostanziali rifacimenti operati nella stessa chiesa. Il portone in legno di noce, a due battenti con porta centrale, è lavorato con intaglio a bugnato.
Interessante l'interno della chiesa per i 12 capitelli lungo la navata e angolari fra transetto e abside, per  le nicchie e le 8 cappelle laterali con arredo specifico.
Partendo da sinistra
  • I cappella: fonte battesimale
  • II cappella: altare e statua di S. Antonio abate
  • III cappella: altare, tabernacolo, ancona e statua della Madonna Immacolata
  • IV cappella: altare, ancona, statua di Cristo morto e staua della Madonna Addolorata
  • nicchia presbiterio a sinistra: statua di S. Michele Arcangelo in legno intagliato e dipinto (sec. XVII)
  • abside: scultura raffigurante il Crocifisso, in legno intagliato dorato e dipinto (sec. XVIII)
  • nicchia presbiterio a destra: statua di S. Rocco in legno intagliato e dipinto (sec. XVIII)
    A destra seguono
  • IV cappella: altare, statua di S. M. Maddalena in legno scolpito policromo (sec. XVIII)
  • III cappella: altare, ancona, statua di S. Giuseppe
  • II cappella: altare, statua di S. Lucia
  • nicchia navata destra: statua di S. Caterina in legno intagliato e dipinto (sec. XVII)
    A destra e a sinistra in controfacciata, due acquasantiere in marmo rosa (sec. XVIII)
    Lapide documento di riconsacrazione della Chiesa il 22 agosto 1902, da parte di Mons. Scalabrini
    Epigrafe per l'Arciprete don Luigi Squeri, morto il 9 marzo 1969  
(da N. Chiastra, Sovrintendenza).

Il monumentale campanile, costruito in pietra locale a vista fino alla cella campanaria e poi intonacato, fu ultimato nel 1870. Puoi leggere info sulle campane in altra pagina del sito.
La casa canonica, a corpo unito con la sagrestia, è quanto resta dell'antico monastero benedettino dopo vari rifacimenti ed interventi fatti nei secoli. Una curiosità: in occasione della visita del vescovo Fallot de Beaumont (1809) il parroco D. Giuseppe Ostacchini, con una punta di legittimo orgoglio, fa notare che nel campanile di Monastero vi erano 4 campane “celebri che formano un concerto, a pubblico giudizio, il più raro in montagna” (erano state fuse nel 1804, 5 anni prima che arrivasse don Ostacchini).
Davanti all'entrata della canonica, oltre al roseto, si trova ancora un'antica fontana, ripristinata nella captazione dell'acqua sorgiva e nella tubazione in cemento nel 1953, come ricorda l'edicola mariana; ha getto abbondante e perenne; ha ancora la vasca che serviva da abbeveratoio e lavatoio in tempi alterni. Punto di incontro obbligato fino al 1960 per tutte le persone di Monastero che solo qui attingevano la domestica acqua “quotidiana”,  per le lavandaie, e per gli animali, condotti lì regolarmente a bere! La fontana, ora riservata al giardino della chiesa, ci parla di un tempo lontano, quasi evangelico, quando l'acqua era simbolo di vita e … rinascita.
Si ricorda che una delle caratteristiche comuni a diversi santuari micaelici è l’acqua. La maggior parte di essi è collocata vicino a un fiume o a una fonte. La nostra chiesa è conforme!
 
L’importanza storica della chiesa di Gravago viene riconosciuta ufficialmente il 12 luglio 1973, quando, con documento ufficiale della Soprintendenza ai Monumenti dell'Emilia (Prot. N. 2349) inviato al parroco don Luigi Brigati, “la Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo, con l'annessa canonica, viene inserita negli elenchi descrittivi previsti dall'art.4 della legge 1° giugno 1939 n°1089, perché d'interesse storico-artistico, in quanto la chiesa fu costruita nei primi anni del sec. XVII sui resti di un già antico edificio che sembra risalire all'ottavo secolo. La facciata, dalle eleganti linee barocche, è scompartita da sei alte lesene che sorreggono un alto cornicione sul quale si erge l'imponente fregio di coronamento con timpano centrale. L'interno ad unica navata con cappelle laterali, è concluso con una profonda abside costruita nei primi decenni del sec. XVIII, forse contemporaneamente all'attigua canonica. Nel suo complesso la chiesa di S.Michele Arcangelo costituisce un interessante documento per lo studio dell'architettura barocca dell'alto appennino parmense. Per le ragioni su esposte gli edifici in oggetto devono pertanto intendersi sottoposti a tutte le disposizioni previste dalla citata legge 1° giugno 1939 n°1089  (Firmato: Il Soprintendente Dott. Arch. Angelo Calvani)  

Ecco il documento ufficiale
Purtroppo dal 2012 l’edificio ha subito lesioni e la parte  portante  dell’abside si presenta puntellata. Ancora nel 2012, in occasione di lavori di consolidamento della Chiesa con opere di drenaggio e posa di condotte fognarie, sono stati eseguiti sondaggi preventivi  che hanno confermato la presenza di muri di fondazione in pietra e frammenti laterizi di epoca romana, nonché frammenti di laterizi di epoca altomedievale di cui uno con decorazione ad intreccio confrontabili, in val Ceno, con quelli della Chiesa di San Filastrio di Tosca;  questi rinvenimenti che non interessano l’area specifica dei lavori, ma il terrazzo pianeggiante circostante, hanno portato ad ipotizzare la presenza del monastero nel pianoro superiore dove ancora oggi permangono gli edifici.
Attualmente sono in corso  alcuni progetti di consolidamento della chiesa, che, dal 2012 al 2014, era stata anche chiusa al pubblico.  

Nella pagina "Monastero... oggi - Generosità dei nostri emigranti" si possono leggere altri documenti, tratti dalla stampa, sulla situazione attuale della chiesa.

Eventi particolari
Nel secolo scorso, fatto degno di menzione è il Convegno degli Angeli Custodi, 4-5-6 giugno 1943, tenuto a Monastero. Fece accorrere oltre 10.000 fedeli attorno al vescovo Ersilio Menzani, rappresentate ben 22 parrocchie.  Del convegno si può leggere sulla pubblicazione realizzata dall'Arc. Don Luigi Squeri, “Per il Convegno Angeli” a Gravago, editrice “La Giovane Montagna”, Parma, 1943. Nel libretto, che si può visualizzare on line, come ebook, all'indirizzo goo.gl/aYTP30, sono riportate anche interessanti notizie storiche sull'antico Monastero (a cura di Mons, Guglielmo Bertuzzi) e sul Castello (a cura dell'on. Giuseppe Micheli).  
Un altro evento importante che  si svolse  a Gravago nel 1948 fu la visita della “Madonna pellegrina”, come si può leggere in una pubblicazione dello stesso anno, realizzata dal parroco don L. Squeri “Numero Unico a ricordo della Consacrazione del monumentale altare dedicato alla Madonna di San Marco...”, Sc. Graf. Art. Borgo Catena, Parma, 1949).   La statua della Madonna di S. Marco di Bedonia, che visitò tutta la nostra montagna e si fermò due giorni (7 e 8 giugno), venne a Monastero da Pietrarada e la popolazione la incontrò a Chiappa, confine della Parrocchia. Arrivò a Monastero, accolta da S.E. Rev.ma Mons. E. Menzani, attraversando Predario in un mare di luci e di canti e ne segnava il tragitto una colossale stella caudata di metri quattro per sei sospesa a un cavo di acciaio, splendente di luce e continuamente sospesa, sul capo della Madonna ne indicava ai lontani il percorso.... Il resoconto dell'evento e gran parte della pubblicazione di don Squeri  si possono leggere anche on line, nell'ebook “Monastero e Pieve di Gravago 1949”, all'indirizzo  goo.gl/TDTxHi   
 
Popolazione -  Parroci
Anche Monastero di Gravago, come ogni paese di montagna ha conosciuto un certo sviluppo demografico, cui seguì un emorragico esodo verso Paesi esteri quali l'Inghilterra e le Americhe.
Gli annuari ecclesiastici riportano dati che assommano gli abitanti di Monastero con quelli della Pieve e pertanto riguardano le due parrocchie.
Dai Censimenti ISTAT del 1971 e 2011 risulta che i residenti a Gravago ammontavano rispettivamente a 411 e 188.  
I parroci dell'ultimo secolo sono: don Luigi Franchi dal 1886 al 1937, don Luigi Squeri dal 1937 al 1969, don Luigi Brigati dal 1969 a oggi.

Le feste principali
Si festeggiano il santo titolare, S. Michele Arcangelo, nell'ultima domenica di settembre o la prima di ottobre, la B. Vergine Addolorata la prima domenica di maggio, S. Lucia e S. Antonio Abate.

Gli oratori
- Beata Vergine delle Grazie - Stabio (costruito nel 1833): S. Messa nei mesi di maggio, giugno e luglio (fino alla seconda domenica), che potete vedere nella foto seguente di Flavio Nespi.
- Cappella dedicata a S.P. Pio, innalzata recentemente a Stabio.



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MONASTERO

Le foto sono autoprodotte
(tranne le prime 2  di Flavio Nespi
e le ultime 5 di Giuseppe Faccini,
tratte dalle rispettive pagine Facebook).

Clicca sulle foto per ingrandirle,
poi puoi visualizzarle
sul desktop con le frecce dx o sx
nel mobile usando le dita...


VIA DEI MONASTERI E VIA DEGLI ABATI
Attualmente a Monastero è dato incontrare diversi pellegrini, solitari o in gruppo, fin qui giunti con cartina alla mano, bardone, zaino e smartphone per scatti fotografici.  
Spesso si tratta di escursioni ("cammino") organizzate dall'Associazione "Via degli Abati" (presieduta da Luciano Allegri)...



LA CHIESA DI PIEVE… IERI

La Pieve e Monastero di Gravago costituiscono due notevoli insediamenti della Val Noveglia, una vallata in cui si intersecavano varie vie di comunicazione, fra le quali eccelleva quella che metteva in comunicazione l'entroterra con il mare.  
La Pieve, che, pare, gareggi in antichità con Monastero, è da questa geograficamente separata dal Rosta o rio Fontana ed è unita, per quanto riguarda il servizio pastorale, dallo stesso arciprete don Luigi Brigati.
La chiesa viene documentata per la prima volta nell’anno 1254. Si tratta di un fitto perpetuo in cui è presente come teste Gerardo “..Achipresbiter...plebis Gravaghi”.  Nell’alto medioevo il nome “pieve”, dal latino plebs, popolo, indicava  sia il distretto territoriale su cui era stanziata la comunità dei fedeli, sia la chiesa che aveva diritto di battesimo e sepoltura. Da ogni pieve dipendevano delle chiese minori, o tituli minores  dette anche chiese non battesimali; l’insieme di queste chiese minori, con a capo la pieve era detto piviere. Le pievi o ecclesiae maiores erano rette da un arciprete che aveva autorità sulle chiese dipendenti, al vertice vi era l’autorità vescovile. Nelle chiese minori era assicurata l’officiatura della messa e la predicazione, ma durante le festività religiose più importanti la popolazione doveva recarsi alla pieve; solo questa infatti era dotata, in origine, del fonte battesimale, del cimitero e dei diritti di decima. La pieve di Gravago è documentata nelle Rationes Decimarum piacentine e bobbiensi,  nei due estimi del XIII secolo, dell’archivio capitolare di Fiorenzuola d’Arda indicata come plebs Gravagi, sia nell’estimo del 1352, dell’Archivio capitolare della cattedrale di Piacenza  indicata come Plebes de Gravago. Alessandro Wolf, americano di origine tedesca, ha tentato di ricostruire le circoscrizioni storiche pievane utilizzando rogiti trecenteschi e in assenza di documentazione, le più recenti visite pastorali del XVI e XVII secolo; il suo lavoro è stato edito postumo nel 1930 da Emilio Nasalli Rocca.  Secondo questi studi, le chiese minori dipendenti dalla pieve dedicata ai santi Vito, Modesto e Crescenzia erano quattro: Campello, Pietrarada, Stradella e la chiesa scomparsa di Tolarolo. Si trattava dunque di una pieve di modesta estensione se paragonata ad altre in Val Ceno come la pieve di  San Pietro di Varsi con 13 chiese minori dipendenti o  la pieve di S. Antonino di Bedonia con 17 chiese dipendenti. Nell’Italia settentrionale, già a partire del XII secolo, il sistema plebanale iniziò a sfaldarsi e le chiese minori cominciarono ad acquisire diritti un tempo riservati solo alla pieve, come il diritto di sepoltura e nel secolo successivo, queste chiese non battesimali ebbero riconosciuto anche il diritto di impartire il battesimo, fermo restando però l’obbligo del pagamento della decima alla chiesa matrice. Alle pievi rimasero riconoscimenti di tipo formale come le rogazioni, processioni che partivano dalla pieve e visitavano le chiese del territorio. Nel territorio della pieve di Gravago questo fenomeno avvenne più tardi ma è comunque documentato nella chiesa di Stradella all’anno 1523, prima dell’inizio dei lavori del Concilio di Trento: il cardinale Lorenzo (titolo SS. Quattro Coronati) su richiesta di Marcantonio Landi, concede che la chiesa di San Girolamo detta l’oratorio, posta tra Stradella e la Villa, abbia il privilegio del fonte battesimale e della tumulazione dei defunti.   Nel XVI secolo, in seguito al Concilio di Trento (1545-1563), la figura dell’arciprete venne sostituita da quella del vicario foraneo. Il Concilio di Trento stabilì la tenuta dei registri parrocchiali ad opera dei parroci, nei quali venivano annotati i battesimi, i matrimoni e le sepolture. La chiesa di Pieve di Gravago  nel 1589  faceva parte del vicariato di Varsi, passò nel 1623 a quello di Vianino, infine nel 1879 venne inclusa nel vicariato di Bardi dove tuttora si trova.

LA CHIESA DI PIEVE… OGGI

Venne costruita tra il 1860 e il 1863. L’allora arciprete don Bartolomeo Roffi, di S. Giustina (Granere), ispirandosi all’architettura della chiesa di Monastero, progettò la nuova, eretta dove si può ammirare attualmente. Dedicata “Alla Madre della Madre di Dio”, come è scritto in latino sul portale in pietra, fu realizzata in tre anni con pochi soldi, ma con tanto lavoro da parte della popolazione, che fornì anche la calce. La chiesa fu consacrata dal vescovo, il beato G. Battista Scalabrini, il 22 agosto 1902.
La torre campanaria, in pietrame a vista, venne costruita nel 1878, quando era arciprete don Antonio Serpagli. Puoi leggere  info sulle campane in altra pagina del sito.
La parte superiore della facciata richiama la chiesa di San Michele di Monastero. L’interno, a navata unica con sei cappelle, è stato restaurato nel ‘900. Da segnalare l’altare maggiore in marmo datato 1656, proveniente dalla Collegiata di Sant’Andrea a Carrara; l’acquasantiera del 1688 di impronta carrarese e la tela raffigurante i santi Vito Modesto e Crescenzia del pittore  piacentino Francesco Ghittoni, datata 1889.

I Santi titolari
Il santo titolare è S. Vito, ma ad esso sono associati anche S. Modesto e santa Crescenzia, santi martiri del IV secolo, il cui culto è attestato in Italia fin dal V secolo.
S. Vito è invocato contro il pericolo del fuoco e dei fulmini ed in particolare nelle malattie nervose ed epilettiche.

La chiesa attuale: interno
Varcato il portale in pietra, si vede l'ampio interno a navata unica, restaurato nel ‘900, con sei cappelle e capitelli stuccati gusto impero-neobarocco; si nota una pregevole acquasantiera del 1688 in marmo, di impronta carrarese; nella prima cappella sinistra è collocato un altare in arenaria fatto da un artigiano locale verso il 1860, al centro è collocato un tabernacolo a tempietto con frontone triangolare e cherubino al centro con paraste dorate e cariatidi. Nella seconda cappella è collocata la statua di S. Anna con la B. Vergine del XVII secolo di scultore ignoto.
Nella terza cappella a sinistra, è esposto un quadro a olio su tela, raffigurante i santi Vito, Modesto e Crescenzia. La pala, datata 1889, è del pittore Francesco Ghittoni (1855-1928), uno dei migliori esponenti della Scuola Romantica e della pittura piacentina.
Al centro del presbiterio sorge un monumentale altare maggiore in marmo breccia nella cui nicchia centrale è stata collocata la statua della Madonna di S. Marco.
Il predetto altare proveniva dalla Collegiata di S. Andrea di Massa e fu portata alla Pieve nel 1949. La Consacrazione dell'Altare dedicato alla Madonna di San Marco avvenne il 17 agosto 1949.  Dell'evento si può leggere sulla pubblicazione realizzata dall'Arc. Don Luigi Squeri, “Numero Unico a ricordo della Consacrazione del monumentale altare...”, Sc. Graf. Art. Borgo Catena, Parma, 1949. Nel volumetto (già citato, a proposito di Monastero) sono riportati “Cenni illustrativi riguardanti l'altare maggiore di Pieve” (di proporzione monumentale, misurando m. 7,50 di altezza per metri 3,50 di larghezza, per m. 2,50 di profondità, in marmo statuario venato) e si racconta come, da Carrara, esso pervenne a Pieve. Dell’altare si può leggere anche on line, nell'ebook  “Monastero e Pieve di Gravago 1949”, all'indirizzo  goo.gl/TDTxHi  

Un coro in legno di noce intagliato ed intarsiato ad opera di un artigiano piacentino del XVIII sec. adorna tutta l’abside.
La  seconda cappella a destra ospita la statua di S. Apollonia (sec. XVII) in legno intagliato, policromo. Preziosi apparati per le celebrazioni sono custoditi nella chiesa.

Nei pressi della pieve, merita attenzione il Lavatoio (in una foto di Flavio Nespi),  un fabbricato che sorge sulla strada del bosco, costituito da pozzo con coperchio, vasche-abbeveratoio per animali e lavatoio, recentemente restaurato per salvare un gentile esempio di architettura spontanea, utile allo stile di vita contadina di un secolo fa.


Eventi particolari
Tra gli avvenimenti notevoli della storia della parrocchia, si possono ricordare, come per Monastero, le SS. Missioni del 1954, la Madonna pellegrina nel 1948 con l’arrivo a Pieve (da Monastero) della statua della Madonna di S. Marco, benedetta dal vescovo Mons. Menzani, presenti moltissimi sacerdoti. Partita da Bedonia alle due del pomeriggio del 13 luglio 1948, attraverso boschi, monti e valli, poté arrivare a Pieve solo alle nove della sera. Annunciato l’arrivo dal suono delle campane a festa, la statua fu accolta da tutta la popolazione, che l'aveva attesa in preghiera.

Feste principali
Oltre la ricorrenza di S. Vito il 15 giugno e S. Apollonia il 9 febbraio, si celebra la solennità di S. Anna.  

Oratori
- Bergazzi (costruito nel 1884 e restaurato recentemente): S. Messa 3 volte all'anno
- Osacca (costruito nel 1708 e restaurato nel 1954, alquanto grande tanto da essere considerato una piccola chiesa) intitolato agli Angeli custodi. S. Messa 4 volte all'anno
Da ricordare che Osacca fu teatro di episodi tra i più famosi delle guerra di liberazione (la prima battaglia partigiana d’Italia del Natale 1943).


L'oratorio di Osacca
(foto tratta dal Gruppo "Sei di Noveglia se..." su Facebook)

Altre notizie storiche  su Gravago
nelle pagine
e

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