Economia - Gravago

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GEOGRAFIA
ECONOMIA

In valle si è praticata a lungo l'agricoltura di sussistenza, con  tanto e duro lavoro manuale, non senza il sostegno di macchine divenute indispensabili.  
Negli anni Cinquanta si contavano sette imprese di macchine trebbiatrici: Ricci Gino, Morbiani-Resteghini, Speroni, Battagliola-Cappellazzi, Pighi, Speroni, Brugnoli. ("La trebbiatura" nella foto di Sandro Santini, tratta dalla pagina Facebook di Valcenostoria).
E funzionavano tanti mulini (in altra pagina del sito... "il mugnaio."):
Mulino dei Copelli, Fam. Sbuttoni Bernardo, Mulino della Rosta-Fam. Franchi, Mulino di Ballaran-Fam. Speroni, Mulino di Brugnola-Fam. Bertorelli, Mulino di Brazza di Racca-Fam. Bertorelli, Mulino di Cerreto-Fam. Bertorelli, Mulino di Gian Maria-Costa dei Rempi, Mulino di Lucchi-Costa dei Rempi, Mulino dei Sergenti-Castagnola, Mulino di Predario, Mulino di Monti.
Poi gli agricoltori, i pochi rimasti, intenzionati a cavar frutti dalla terra e dalla loro fatica- a poco a poco si sono tutti meccanizzati.

"La trebbiatura" - Foto di Sandro Santini,
tratta dalla pagina Facebook di Valcenostoria



Particolare della foto "storica" di Vilma Ricci,
pubblicata nella pagina "Foto d'altri tempi".
La trebbiatura a Gravago. Anno 1934.  
Trebbiatrice: ideata  e costruita da Gino Ricci.

A valorizzare l'agricoltura riducendo, per quanto possibile, il duro lavoro delle braccia umane e del giogo animale, acquistando altro tempo e risultato, ci aveva pensato, già negli anni di ripresa dopo la guerra, e ora con maggiore incentivo, un uomo di Pieve, nato e a lungo vissuto con i motori in testa: Gino Ricci. Era lui a trovare, per chi chiedeva, la jeep di seconda mano, il trattore, la motofalciatrice e anche l'utilitaria che si aprissero l'erta strada di frazioni, casolari e campi non proprio pianeggianti. Dagli anni Sessanta in poi, accanto al maestro, lavora  Gino Spagna, capace ben presto di gestire da solo l'officina meccanica, già trasferita presso la sua abitazione, mentre Ricci distribuisce la sua attività tra Noveglia, Bardi e Parma.
L'allevamento, ora prevalentemente bovino (scomparsi ovini ed equini, ad eccezione dei cavalli d'alto pascolo) è diventato più razionale: grandi stalle ospitano un buon numero di mucche da latte la cui produzione viene raccolta prima dai due caseifici di Bardi, poi da Parmalat. Si contano ancora, nella seconda decade del nuovo millennio, diverse stalle con numerosi capi, come quelle di A. Bertorelli a Stabio, di C. Pighi a Noveglia e di M. Speroni a Casa Bagaglia. Anche l’allevamento del cavallo Bardigiano trova nella nostra zona i suoi appassionati.
Costrette a chiudere alcune piccole aziende perché politicamente non sostenute, si continua tuttavia a falciare e raccogliere il fieno dai nostri campi, almeno da quelli più ampi e accessibili dai mezzi meccanici.
La coltura del bosco per la raccolta dei frutti (funghi, castagne, ghiande, fogliame), del legname da costruzione e della legna da ardere (riscaldamento e cottura del cibo sulla stufa o nel forno), come zona di caccia e come pascolo, introdotta dai Benedettini, rimane attività abituale fino agli anni sessanta, costituendo garanzia di equilibrio idrogeologico e di salvaguardia dell'ambiente montano. Poi per il venir meno della popolazione attiva e la diversa destinazione del lavoro manuale, viene abbandonata. Tuttavia per la ricchezza del manto forestale della valle, il taglio razionale del bosco continua, diventando l'attività dei taglialegna; questi, dotati di mezzi meccanici adeguati a sostituire quelli manuali insieme a teleferiche e muli, lavorano anche nelle zone più impervie per il taglio, il trasporto a valle, lo stoccaggio e la vendita-consegna della legna da ardere.
Sulla ricerca dei porcini, di cui è generosa la nostra zona, bellissima la descrizione che fa un fungaiolo doc come Vittorio Martellotti (e che pubblichiamo in altra pagina del sito, più un'accattivante galleria fotografica).
La caccia era (ed è) un’attività praticata da parecchi uomini per passione, ma anche per “necessità”. Varia e abbondante era la selvaggina sui nostri monti: dalle lepri ai primi cinghiali, ai volatili, soprattutto pernici e beccacce. Organizzati in squadre, i cacciatori, nel periodo di apertura dell’attività venatoria,  si preparavano molto presto la mattina per il gran giorno. E tornare trionfanti con l’animale ucciso sulle spalle, se di piccola taglia, o portato a braccia o legato ad una corda e trascinato, era un momento di gloria. Bisogna precisare che la pratica della caccia, con l’uccisione dei cinghiali soprattutto, era un’attività necessaria sull’Appennino. Diversamente, questi animali, numerosi, distruggerebbero i raccolti.
A domande precise, ecco cos'ha risposto, qualche tempo fa,  Adriano Frazzoni ("il fenomeno",cacciatore doc di Gravago)...
- E' vero che la caccia, in questa parte dell'Appennino, è quasi una “necessità”? Pensiamo soprattutto ai cinghiali...
Verissimo. I cinghiali creano ingenti danni alle coltivazioni e non solo. La Regione rimborsa ai contadini i danni causati dagli animali, ma se essi superano i limiti prestabiliti, in una zona assegnata ad una squadra di cacciatori, questa squadra dovrà risarcire l'eccedenza di tasca propria per aver abbattuto pochi cinghiali!  
- Quanti sono attualmente i cacciatori in Val Noveglia?
All'incirca un'ottantina, ma bisogna tener presente che le le squadre sono composte anche da cacciatori delle zone limitrofe.
- Quali animali  e quanti capi si possono abbattere, oltre al cinghiale?
Caprioli, volpi, lepri e volatili (soprattutto fagiani, coturnici, pernici, beccacce e starne).  Per i cinghiali non è fissato il numero, per gli altri animali bisogna seguire le norme regionali che regolano l'attività venatoria
(l'intervista completa in altra pagina del sito).

Sulla caccia al cinghiale nelle nostre zone... vedi
pubblicato in  VALCENOSTORIA da Beppe Conti (16 gennaio 2021)

Oggi l'agricoltura è un'attività praticata da pochi, C'è, però, chi prova nuove colture, come quella dei noccioli (leggi la testimonianza di  Marco Tambini).
Prevalente è diventato il turismo, con l'apertura di diversi B&B (info per contatti nella pagina "Link utili"): a Predario (Cà d'Alfieri e Prati dei Campassi),  a Bergazzi (Ca' del Lupo), a Brugnola (Brugnola1932-vegan country house), la Trattoria Val Noveglia (a Noveglia), ma anche nuove attività, come la lavorazione del vetro artistico a Venezia (pagina su Facebook di Francesco Ilvento - Artevet - Vedi anche intervista a Francesco) o  come il "lavoro a distanza", ad es., "InfoCoop - Servizi digitali per la comunicazione" di Davide Galli (che è anche Guida Ambientale Escursionistica, Presidente dell'AIGAE) a Noveglia. Tra i nuovi "arrivati" a Gravago, c'è anche chi si occupa degli animali abbandonati, Susanna Corazzo a Monastero.
Concludiamo con la constatazione che Noveglia è ancora il "centro motore di Gravago", con il Bar Mixage, la Trattoria Val Noveglia e ...tanti abitanti.

Noveglia... in una foto degli anni '50
(Archivio A. Mordonini)


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