Nuove colture 1 - Gravago

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GEOGRAFIA
ANTICHE E... NUOVE COLTURE 1


Le nocciole di Predario
(testimonianza di Marco Tambini )

La mia famiglia è legata alla Val Noveglia da lungo tempo: la nonna Maria Strinati nacque in questa valle, esattamente alla Lama. La sua famiglia giunse nel XVI secolo a Gravago da Bardi, al servizio dei Platoni, che erano feudatari Landi.
Poi le cose precipitarono e anche il prestigio della famiglia Strinati decadde. Si trovarono a fare gli operai, i giornalieri mezzadri o, come molti, ad emigrare. Il nucleo principale rimase sempre nella zona di Brè e Stabio fino all’inizio del 1900 quando si trasferirono a Lama, dove nacque appunto mia nonna Maria.
Da qui passarono il monte e si fermarono a Casagrassa in val Toncina, dove è iniziata la storia prossima della mia famiglia e dove da bambini era usuale trascorrere le giornate, accompagnando nel lavoro dei campi zii e nonni. Una delle fatiche maggiori era andare lungo i versanti, magari a dorso del cavallo dello zio o portando sulle spalle un piccolo cavagno, tagliare e raccogliere l’erba anche in appezzamenti minuscoli. Oggi questo mi appare un’attenzione a rispettare la campagna e il duro lavoro delle generazioni precedenti, valorizzando ovunque il frutto della terra, mantenendo il terreno in ordine e sfruttandolo appieno a beneficio delle famiglie.
Più di una volta ho raggiunto la cima dello Scaria e ho sempre guardato al campanile del Monastero e alla maestosità del panorama sulla Val Noveglia, aperta e con molti più prati delle valli vicine, ma negli anni ho osservato quanto terreno sia stato abbandonato.
Le aziende agricole rimaste sono importanti, ma limitate all’indirizzo zootecnico per la produzione di latte oppure di legname asportato dal bosco ceduo.
La prima conseguenza visibile è una drastica riduzione dell’antropizzazione delle nostre valli: l’ampia val Noveglia, che preservava frutteti, ortaggi, vigne, allevamento familiare di conigli, colombi e maiali oggi ha ceduto più parte delle superfici al bosco. Si è modificato il paesaggio, con una contrazione degli spazi verdi ed un inselvatichimento dei versanti.
Da quanto ho terminato gli studi, ho desiderato poter dare un contributo ad un recupero ambientale del nostro territorio, per restituire almeno in parte il debito formativo contratto durante la mia giovinezza.
Inoltre abbiamo tre figli che crescendo in città non conoscono il settore primario e restano nell’ignoranza della complessità dell’attività agricola e dei rischi che ogni giorno sono affrontati dagli agricoltori.
Tra le coltivazioni adattabili al nostro contesto ambientale, abbiamo approfondito le tecniche colturali per la produzione della nocciola, in quanto abbiamo verificato come in Piemonte, in Umbria e nel viterbese la coricoltura si presti bene a valorizzare i terreni marginali e a contenere l’inselvatichimento dei campi.
Abbiamo pensato subito alla bella Val Noveglia per verificare se le condizioni pedologiche consentissero questa coltivazione. Cosi, anche per costringerci al primo passo, abbiamo prima acquistato 60 barbatelle (piantine a radice nuda di nocciolo) di una varietà piemontese e poi cercato un terreno su cui trapiantarle.  Grazie a una persona di Gravago, mia conoscente, siamo riusciti nel nostro intento.
È stato il primo passo che ha dato inizio alla presenza della nostra famiglia in Predario.
Con i ragazzi abbiamo iniziato svolgendo tutte le operazioni di pulizia e di recupero del prato a mano, con vanghe e zappe ed accetta. Ci siamo affidati poi ad un terzista per le lavorazioni agricole più invasive di scasso e messa a coltura. Abbiamo quindi piantato i 60 noccioli. Negli anni successivi abbiamo testato altre varietà quali la Giffoni, la Coutard, la Tonda romana e la Tonda gentile per verificarne l’adattamento al terreno, cosi come i diversi sesti di impianto. Le recenti estati sfavorevoli, siccitose, ci hanno costretto ad affinare la conoscenza di questa coltura e a chiedere aiuto ai nostri vicini che coltivano la terra a Predario. Un’amicizia preziosa che si è espressa anche in aiuto e conoscenze di cui siamo loro grati. I miei figli hanno fatto esperienza della fatica e della soddisfazione di dissodare, zappare e tagliare l’erba infestante per fare crescere le piante, e della facilità del fallimento e degli errori che si fanno quando non si è pronti e presenti nel momento del bisogno.
Oggi le piante più grandi hanno 5 anni e cominciano a produrre i primi frutti. Lo scorso anno abbiamo pulito una piccola porzione di terreno che anni addietro era stato coltivato a frutteto cercando di recuperare i peri e i pruni più antichi, tagliando le piante invasive e pulendo il canale. Dove necessario abbiamo piantato nuove piante da frutto con i ragazzi.
Adesso stiamo valutando di estendere questa esperienza, radicarci un po’ più a Predario, considerando una superficie più estesa, e coinvolgendo se possibile proprietari vicini che abbiano della terra a disposizione e vogliano investire nella coltivazione dei noccioli.

ALCUNE FOTO
di Marco Tambini
(l'ultima è stata scattata il 15/05/2020)
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