Via degli Abati - Gravago

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STORIA
LA VIA DEGLI ABATI

Attualmente a Monastero è dato incontrare diversi pellegrini, solitari o in gruppo, fin qui giunti con cartina alla mano, bardone, zaino e smartphone per scatti fotografici.  
Spesso si tratta di escursioni ("cammino") organizzate dall'Associazione "Via degli Abati" (presieduta da Luciano Allegri). Si legge nell'home dei sito web dell'Associazione: "Ci occupiamo dell’itinerario, che va da Bobbio a Pontremoli, ormai da qualche anno, anche se ormai i pellegrini e camminatori tendono a percorrere anche il tratto da Pavia a Bobbio. La Via degli Abati attraversa parte del territorio provinciale di Pavia e l'Appennino Tosco-Emiliano nelle province di Piacenza, Parma, Massa Carrara, attraversando i Comuni di Pavia, Broni, Castana, Canevino, Pometo, Caminata, Romagnese, Bobbio, Coli, Farini, Bardi, Borgotaro,Pontremoli. Il tracciato lungo circa 190 km., molto più impegnativo della più nota Via Francigena, si snoda per sentieri, mulattiere, carrarecce attraversando valli e crinali per un dislivello complessivo di oltre 6000 metri".
Per molti dei pellegrini Monastero è sosta di riposo e preghiera: il luogo ne è chiaro invito. Si dissetano alla generosa fonte, bussano alla canonica per un dialogo col parroco, per una visita attenta alla chiesa di San Michele; dal sagrato il loro sguardo mira alla chiesa di Pieve, successiva tappa prima di Osacca e del passo che immetterà nella valle del Taro.
Cammino di oggi sull’esempio di quanto avveniva abitualmente già in età longobarda, quando erano numerosi i pellegrini che dall’Italia settentrionale (molti provenienti dall’Inghilterra o dalla Francia) tendevano a Roma affrontando distanza e  tempo, passo dopo passo,  come si fa con la vita, mossi dalla fede e dalla capacità d'affidarsi ad una meta.
Questo perché Monastero di Gravago, in età longobarda, poi carolingia e bassomedioevale, aveva assunto importanza sia per le sue origini benedettine-cassinesi sia per i ricorrenti contatti col monastero di San Salvatore di Tolla (Sperongia) e di San Colombano di Bobbio, anche con  l’abbazia benedettina di Nonantola che godeva beni di donazione in Bardi (Odolo).
La dedicazione della sua chiesa a San Michele, l'Arcangelo, guerriero molto onorato dal cristianesimo longobardo e particolarmente venerato a Pavia, ove fu innalzata la splendida Basilica, fa pensare -con G. Magistretti- che esistesse una "via michaelica"  intenta a collegare, su percorso reale o ideale, San Michele del Gargano e M. Saint Michel in Bretagna, con tappe intermedie. Il culto era giunto dall'Oriente, nel V secolo, a San Michele sulla costa della Normandia, dov’è il monte conteso fra terra e mare, con tappe intermedie di invocazione in tutte le frequenti chiese che vantano la protezione del Santo, il cui nome già apre alla fiducia.
I pellegrini che consapevolmente giungono oggi a Monastero vogliono ricalcare, rinvenendo possibili tracce dall’antico selciato, la via dei Monasteri. Questa, in età longobarda -come confermano testi e carte di viabilità altomedioevale- costituiva un percorso appenninico alternativo a quello francigeno di Monte Bardone, quando il Passo era dominato e controllato dai Bizantini (fino all’VIII secolo).
Seguiva la direttrice Fiorenzuola, Tolla, Passo Pelizzone, Bardi, Monastero di Gravago, Passo Santa Donna, Borgotaro (Turris, corte di Bobbio), passi  Borgallo e Bratello, Grondola  (castello sotto il dominio di Piacenza, longobarda) e Pontremoli, punto di congiunzione, alla volta di Toscana e Lazio, con la Francigena maggiore.
Un altro pellegrinaggio attraversava, a piedi o a cavallo, valli e cime accessibili dell’Appennino emiliano, opportunamente coniugando evangelizzazione e scambi economici tra fondazioni monastiche, cultura e contatti diretti e personali con il papato, a richiesta e conferma di privilegi.
Erano pellegrini egregi, monaci e abati (con largo seguito) del monastero di Bobbio che, sicuri del proprio mandato come dell’ospitalità garantita presso corti di proprietà del monastero, provvidenzialmente distribuite oltre valichi e distanze, compivano visite ad altri monasteri, viaggi "impegnati" fino a Roma.
L’itinerario principe, variabile secondo contingenze ambientali e storiche, era il seguente: Bobbio, Santa Cecilia (Porcile), M. Aresei, passo Linguadà, Boccolo Tassi (ove era l’ospizio di San Pietro, circondato da poderi appartenenti al monastero di Bobbio) San Siro (luogo suggestivo, in cui nell' XI secolo sorge la chiesetta romanica) Bardi, San Michele di  Gravago. Qui la via degli Abati poteva confluire nella via dei monasteri e proseguire, attraverso Borgotaro e Pontremoli, alla sua meta..
A Monastero di Gravago, nel Medioevo e ancora nel XXI secolo, è possibile l’incontro di viandanti senza fretta, capaci di apprezzare la rassicurante apertura paesaggistica della Val Noveglia, gustare il pane o "la torta del pellegrino" e concedersi quiete e silenzio, prima di rimettere in moto  piedi e pensieri.


Una presentazione sintetica
della VIA DEGLI ABATI
a cura del Presidente Luciano Allegri
(tratta dalla Pagina  Facebook dell'Associazione)







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